L'ANALISI
14 Agosto 2023 - 19:32
Elisa Conzadori e i carabinieri sul luogo della tragedia
PIZZIGHETTONE - Quasi 1.100 giorni passati fra il dolore, il rimpianto e la rabbia. Mai rassegnazione, perché i familiari di Elisa Conzadori non si arrendono e continueranno a cercare risposte: cosa è davvero successo quel terribile 15 agosto 2020?
Sono passati tre anni dalla tragedia di Maleo, quando la Citroen della 34enne pizzighettonese è stata travolta da un treno al passaggio a livello, lungo la strada che la riportava a casa dal lavoro.
Tre anni senza rinvii a giudizio, con un tentativo di archiviazione per ora bloccato proprio dalla tenacia del fidanzato e della sorella di Elisa. Tre anni di indignazione, anche dei politici che hanno presentato interrogazioni e caldeggiato soluzioni per mettere in sicurezza l’intera tratta ferroviaria. Perché in questi tre anni, a Maleo così come a Pizzighettone, è successo ancora: più volte sono stati segnalati disservizi, guasti, malfunzionamenti alle sbarre. L’ultima giusto pochi giorni fa a Roggione. E ogni volta Rfi ha fornito spiegazioni, respinto accuse, giustificato e rassicurato. Eppure quel maledetto 15 agosto 2020 resta ancora senza spiegazioni.
«Le sbarre del passaggio a livello della linea Mantova-Milano risultano integre e intatte – scriveva il nostro Matteo Berselli, che ha seguito attentamente il caso, subito dopo i fatti – e un testimone racconta d’averle viste sollevarsi prima del passaggio del convoglio».
Successivamente si è appreso che i testimoni erano addirittura due, entrambi certi di avere visto le sbarre alzarsi come a dare il via libera, prima dell’arrivo e del passaggio dell’auto rossa di Elisa. Poi il convoglio regionale 2651, partito da Milano Centrale, ha travolto e accartocciato il mezzo. Senza lasciare scampo alla conducente.
Sono seguite varie perizie e l’inchiesta ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati di alcuni tecnici ferroviari, componenti della squadra addetta alla manutenzione del passaggio a livello di Case Campagna. Nel giugno 2022 il fidanzato e la sorella di Elisa hanno presentato un esposto per chiedere alla Procura di Lodi «se siano ravvisabili, nella condotta di Domenico Romaniello, perito del pm, i reati di falsa perizia o interpretazione, o qualunque altra ipotesi criminosa perseguibile d’ufficio».
Gli esponenti, che nel procedimento penale sono rappresentati, quali parti offese, dagli avvocati Alberto Gnocchi e Fabio Sbravati, hanno evidenziato una serie di circostanze a loro avviso da approfondire. A partire dal legame di parentela fra l’ingegnere incaricato dalla Procura ed un esponente dei vertici di Rfi. Proprio il perito ha ipotizzato che l’auto della Conzadori possa essere passata sotto le sbarre, così alzandole. Una presunta manovra kamikaze decisamente non plausibile secondo i familiari, che parlano di «macroscopica incompatibilità geometrica fra le lesioni al veicolo e l’ipotetico impatto con la semisbarra».
Inoltre, sulla barriera non sono state trovate tracce della vernice del cofano, così come sulla carrozzeria non sono state rinvenute tracce del materiale plastico che riveste la barriera stessa.
In marzo la doccia fredda: richiesta di archiviazione. Per la Procura non ci sarebbero prove e dunque nemmeno colpevoli. O meglio, non ci sarebbero elementi sufficienti per procedere con il rinvio a giudizio delle persone iscritte sul registro degli indagati, né per iscrivere altri. I familiari si sono opposti fermamente e il tribunale ha accolto: nessuna archiviazione, almeno per il momento. Ma oggi sarà un altro anniversario della tragedia senza risposte e senza colpevoli. Elisa attende ancora giustizia.
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