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ADDIO FRANCESCO: I RICORDI

Sulle orme di Mazzolari, il Papa e il cremonese

La visita di Francesco a Bozzolo nel 2017 e l’incontro a Roma con il vescovo Napolioni

Gianpiero Goffi

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redazione@cremonaonline.it

21 Aprile 2025 - 21:10

Sulle orme di Mazzolari: il Papa e il cremonese

CREMONA - Se papa Francesco non è mai stato in visita, neppure da cardinale, nella nostra città (a differenza di Montini, Ratzinger e Giovanni Paolo II), era arrivato però nella porzione della diocesi che si estende nella provincia mantovana. Precisamente a Bozzolo il 20 giugno 2017, per onorarvi lo storico parroco don Primo Mazzolari, del quale è stata avviata la causa di beatificazione, e dove proprio oggi il prete cremonese è stato ricordato in una celebrazione presieduta dal vescovo di Brescia Pierantonio Tremolada e concelebrata da monsignor Antonio Napolioni.

Pare che a far conoscere da vicino il pensiero e l'opera di don Primo al Papa sia stato un suo stretto collaboratore, padre Leonardo Sapienza, religioso rogazionista e reggente della prefettura della Casa pontificia, che a Mazzolari ha dedicato studi e scritti. Certa è la sintonia più volte manifestata, anche con citazioni, da papa Francesco nei confronti di don Mazzolari: parroco che prediligeva i ‘lontani’ e i poveri, progressivamente e radicalmente impegnato per la causa della pace, predicatore instancabile della divina misericordia spinta fino a sperare la salvezza di Giuda (discussa ipotesi sulla quale si era 'sbilanciato' lo stesso Pontefice), e considerato un profeta delle istanze che si sarebbero affermate nella Chiesa durante e dopo il Concilio Vaticano II.

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Poche ore, ma intense, quelle trascorse da papa Bergoglio a Bozzolo in quella mattina d'estate, accolto da vescovi, clero, religiosi e molti fedeli. Centrale il suo discorso nella chiesa di San Pietro, dove Mazzolari fu parroco dal 1932 e dove nel 1959, durante la celebrazione della Messa della Domenica in Albis, venne colpito dal malore che lo avrebbe, di lì a pochi giorni, era il 12 aprile, condotto alla morte. Quello di papa Francesco volle essere, partendo dalla ‘traccia luminosa anche se scomoda’ lasciata da don Mazzolari, anche un riconoscimento ai parroci che sono ‘la forza della Chiesa in Italia’, un vero e proprio ‘magistero che fa bene a tutti’.

La spiritualità mazzolariana, osservava il Pontefice, è stato ‘un frutto della comunità’, della Chiesa diocesana, ricordando il ruolo avuto nella formazione del sacerdote dal ‘grande vescovo Geremia Bonomelli, protagonista del cattolicesimo sociale’.

Dopo aver citato le parole di Giovanni XXIII che definì Mazzolari ‘tromba dello Spirito Santo’ e quelle di Paolo VI («Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti»), il Papa articolò la propria riflessione su tre scenari: il fiume, la cascina, la pianura.

Il fiume quale immagine del primato e della potenza della Parola di Dio, meditata e pregata, lamentandone, con Mazzolari, il ‘difetto di incarnazione’. La cascinafamiglia di famiglie’ che vivono insieme, con la consapevolezza che ‘per fare molto bisogna amare molto’, e con un richiamo a ‘La più bella avventura’ (l'opera di Mazzolari edita nel 1934) e all'appello di don Primo ai confratelli sacerdoti: «Abbiamo del buon senso, non massacriamo le spalle della povera gente». Infine la ‘grande pianura’ che rimanda al discorso evangelico delle Beatitudini.

Splendida la conclusione con una preghiera dello stesso Mazzolari: «Sei venuto per tutti, per coloro che credono e per coloro che dicono di non credere. Gli uni e gli altri, a volte questi più di quelli, lavorano, soffrono, sperano perchè il mondo vada un po’ meglio. O Cristo, sei nato fuori della casa e sei morto fuori della città, per essere in modo ancora più visibile il crocevia e il punto d'incontro. Nessuno è fuori della salvezza, o Signore, perchè nessuno è fuori del tuo amore, che non si sgomenta né si raccorcia per le nostre opposizioni o i nostri rifiuti».

Altro momento importante di contatto fra il Papa e la Chiesa cremonese è stato, poco più di un anno fa, quello della visita ad limina compiuta dal vescovo Napolioni, insieme a tutto l'episcopato lombardo, il primo febbraio 2024. La precedente, per la diocesi di Cremona (con il vescovo Dante Lafranconi) era avvenuta nel febbraio 2013 ed era stata più che altro un’udienza di congedo da Benedetto XVI che, pochi giorni prima, aveva annunciato la rinuncia al pontificato. «Il Papa ci ha messi subito a nostro agio – raccontò monsignor Napolioni –. È stato un dialogo nel quale tutti noi abbiamo avuto modo di intervenire e nel quale sono stati toccati tanti argomenti decisivi per la vita e il futuro delle nostre comunità».

Anche in quella occasione il Santo Padre riservò una speciale attenzione ai giovani e agli oratori in quanto istituzione educativa particolarmente radicata in Lombardia. «Il Papa - riferì sempre il vescovo – ha espresso grande apprezzamento per gli oratori e stima per i preti che vi si dedicano, stando vicini ai bambini così come agli anziani, rilevando l’importanza che questi luoghi rivestono nella vicinanza alle persone e nell'accompagnare la crescita dei ragazzi. È stata sottolineata la necessità di valorizzare le inquietudini dei giovani e di svegliare quelli appiattiti».

Più in generale, fra gli argomenti del dialogo fra papa Francesco e i vescovi lombardi vi furono la volontà di risvegliare le ragioni della speranza in una società affaticata e confusa, l’evangelizzazione, l’educazione alla pace, la spiritualità dei sacerdoti e il servizio dei diaconi, la vita consacrata, la diffusione nel popolo cristiano della lettura del Vangelo, la dimensione pastorale della Chiesa aperta all’accoglienza di tutti e di ciascuno. Motivi peraltro costanti del magistero e della predicazione di papa Bergoglio.

«Il Papa – concludeva Napolioni – si è dimostrato attento su tutto. Davvero c’è stata grande soddisfazione per questo incontro e per l'attenzione paterna ricevuta dal Papa, che ha apprezzato anche la bella e feconda comunione tra noi vescovi lombardi».

Da ricordare infine la lettera di risposta al vescovo su Sant’Omobono, dopo l'omelia nella quale, il 13 novembre scorso, monsignor Napolioni aveva immaginato che il nostro patrono 'scrivesse' a papa Francesco, riscontrando alcune affinità spirituali fra le loro due figure.

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