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PILLOLE DI SALUTE

Così la riabilitazione sazia la fame d’aria

Il primario dell’Asst: «Contrastiamo i sintomi in grado di ridurre l’autonomia dei pazienti»

Cristiano Mariani

Email:

cmariani@laprovinciacr.it

11 Settembre 2025 - 05:30

CREMA - Laureato in Medicina all’università di Brescia e con specializzazione in malattie dell’apparato respiratorio, Giuseppe La Piana è il direttore del dipartimento delle riabilitazioni dell’Asst. Ed è al vertice della struttura di riabilitazione respiratoria con sede all’ospedale Santa Marta di Rivolta d’Adda.

Dottore, in cosa consiste e qual è l’obiettivo della riabilitazione respiratoria?
«Si rivolge a persone affette da una malattia respiratoria cronica e vi concorrono più figure professionali. Ha l’obiettivo di contrastare sintomi, che possono comportare disabilità. Ossia la perdita di autonomia».

Nello specifico, chi può accedere alla procedura?
«Possono accedervi tutti quei pazienti, che siano affetti da una malattia respiratoria cronica: in particolare le broncopneumopatie croniche ostruttive. E coloro che abbiano un’insufficienza d’organo, ossia la necessità di ossigeno per garantire un adeguato scambio respiratorio. Ma anche soggetti affetti da ulteriori patologie del sistema respiratorio. Un’altra grossa famiglia è rappresentata dalle persone con patologie neuromuscolari, quindi le malattie del sistema nervoso centrale, che possono interessare anche i muscoli respiratori».

Quanto dura, mediamente, un ciclo di riabilitazione e come si svolge?
«Una delle caratteristiche fondamentali dell’intervento riabilitativo è che la durata del ciclo dev’essere personalizzata. Mediamente, non meno di tre o quattro settimane, con accessi che possono variare dalle due, alle tre volte la settimana. La malattia respiratoria cronica parte dal polmone, certo, ma interessa tutto l’organismo. La riabilitazione permette di recuperare, agendo principalmente sull’apparato muscolo-scheletrico».

Quali sono i benefici più evidenti per il paziente?
«I più evidenti sono legati al fatto che la difficoltà a respirare diminuisca. La dispnea, ossia la fame d’aria, dipende da due componenti: la parte polmonare compromessa; ma riguarda anche i muscoli. L’attività fisica mirata, guidata dal medico e condotta dal fisioterapista, oltre che dall’infermiere che si occupa di riabilitazione, permette di affrontare quest’altra componente. Per pazienti con insufficienza respiratoria, anche solo camminare per un breve periodo può essere un problema, perché manca loro il fiato».

Gli esercizi possono essere svolti anche a casa?
«Sì, la riabilitazione ha un suo significato solo se si associa a un cambiamento di quelli che sono gli stili di vita del paziente. Un intervento intensivo può essere fatto, in casi più complicati, in degenza; ma anche ambulatorialmente. In seguito, vengono sempre date delle indicazioni di prosecuzione a casa, con esercizi mirati. Parliamo di un intervento fatto in maniera scientifica, tarato sulla capacità di esercizio e sulla rilevazione di quelli che sono i parametri fisiologici del singolo paziente».

La riabilitazione respiratoria può essere un’alternativa alla cura farmacologica?
«Non è un’alternativa, ma è un’integrazione. La cura farmacologica costituisce il pilastro del trattamento, insieme alla riabilitazione pneumologica. La cura rappresenta l’elemento che interviene direttamente sull’ostruzione, sulla patologia dei bronchi. La riabilitazione agisce sugli effetti sistemici della malattia, sulla perdita di tono muscolare e la disabilità. Si integrano di pari passo».

Come si accede al servizio?
«L’indicazione per la riabilitazione pneumologica, essendo un intervento di alta specialità, deve essere data proprio da uno specialista. Quindi il primo passo consiste in una valutazione pneumologica. È una visita, che può dare indicazioni, in base alla patologia e all’inquadramento generale del paziente. A quel punto, si può prevedere un ciclo di riabilitazione respiratoria specialistica. Se al massimo della terapia il soggetto continua a sentirsi mancare il fiato, quello è un candidato: quindi si può presentare al suo medico curante, per poi accedere a un ambulatorio specialistico che può dare indicazioni, per essere indirizzati a noi, o a qualche altro centro del territorio che si occupi di questo tipo di attività».

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