L'ANALISI
IL MEDICO RISPONDE. IL VIDEO
14 Dicembre 2025 - 05:25
CREMONA - Protagonista della rubrica ‘Il medico risponde’ è il dottor Matteo Giorgi Pierfranceschi, direttore della Medicina Interna dell’Ospedale di Cremona.
Quali sono oggi le principali novità terapeutiche per l’obesità?
«Le innovazioni più rilevanti riguardano i farmaci agonisti dei recettori ormonali che rallentano lo svuotamento gastrico, modulano la fame e migliorano la secrezione insulinica. Si tratta delle incretine, analoghi del recettore GLP-1, capaci di agire sul metabolismo glucidico e di ridurre la sensazione di fame, favorendo così una perdita di peso clinicamente significativa».
Cosa prevedono i nuovi criteri diagnostici introdotti quest’anno?
«La comunità scientifica ha riconosciuto i limiti del solo BMI come parametro diagnostico. Per questo si introducono misurazioni aggiuntive, come la circonferenza vita, che riflette il grasso addominale correlato a complicanze cardiovascolari, metaboliche e infiammatorie. Una volta fatta diagnosi, è necessario indagarne le cause (ormonali, sociali, psicologiche, psichiatriche o genetiche) perché l’obesità è una patologia complessa che richiede un approccio multidisciplinare».
Quali sono le principali complicanze cliniche?
«Le più note sono il diabete, la dislipidemia e il rischio aumentato di eventi cardiovascolari maggiori come ictus e infarto. Meno conosciuta è la correlazione con numerosi tumori, soprattutto del tratto gastrointestinale. Si aggiungono complicanze respiratorie, come le apnee notturne, articolari e infettive. La probabilità di svilupparle è molto più elevata rispetto ai soggetti normopeso».
Che cosa comporta il disegno di legge 1483 che riconosce l’obesità come patologia cronica?
«È un passaggio storico: per la prima volta l’Italia definisce l’obesità come malattia cronica e recidivante, non più come semplice condizione. La legge prevede percorsi dedicati all’interno del Servizio sanitario nazionale».
Come funziona la semaglutide?
«La semaglutide agisce su recettori distribuiti in varie aree dell’organismo, tra cui l’ipotalamo, che regola fame e sazietà, e l’apparato gastrointestinale. Rallenta la motilità gastrica, riduce il picco glicemico post-prandiale e aumenta la sazietà. Questo porta a un minore introito calorico e quindi al calo ponderale».
Cosa distingue la tirzepatide dalla semaglutide?
«La tirzepatide è un agonista del GLP-1 e del GIP, due ormoni gastrointestinali che lavorano in sinergia. L’azione combinata accentua il rallentamento dello svuotamento gastrico, migliora la secrezione insulinica e potenzia la sensazione di sazietà. Inoltre aiuta a ridurre il cosiddetto food noise, quel pensiero costante legato al cibo che spesso compromette le terapie dietetiche».
Questi farmaci incidono anche sulle complicanze?
«Sì. Studi recenti mostrano che la semaglutide riduce l’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori non solo nei pazienti diabetici, ma anche in quelli obesi non diabetici. Il beneficio non dipende esclusivamente dalla perdita di peso, ma da un effetto intrinseco della classe farmacologica».
Quali sono le controindicazioni assolute?
«Il trattamento è indicato per pazienti con BMI ≥ 30, oppure ≥ 27 in presenza di patologie metaboliche o cardiovascolari. Prima di iniziare serve una valutazione completa: controindicazioni assolute sono la storia di pancreatite, la pancreatite in atto, la presenza di calcoli biliari e il carcinoma midollare della tiroide».
Qual è il follow-up corretto?
«Comprende esami di laboratorio per monitorare i parametri glicometabolici e controlli clinici per individuare eventuali effetti collaterali, soprattutto gastrointestinali. È importante verificare che la perdita riguardi la massa grassa preservando la massa magra».
Quanto contano alimentazione, attività fisica e stile di vita?
«Sono determinanti per la riuscita della terapia. Servono uno stile di vita attivo, attività fisica aerobica e di resistenza e un ambiente non obesogeno. Va superato lo stigma del paziente ‘pigro’: l’atteggiamento spesso fa parte della patologia, non della volontà. La perdita di peso clinicamente rilevante, unita a un programma personalizzato di attività fisica e dieta, migliora la motivazione e i risultati».
Quando è opportuno considerare la chirurgia bariatrica?
«Rientra nel continuum terapeutico dell’obesità. L’indicazione è un BMI superiore a 40, ovvero obesità grave con importanti conseguenze cardiovascolari, metaboliche, articolari e respiratorie. In questi casi l’intervento garantisce una perdita di peso più ampia e spesso più duratura rispetto ai farmaci, a patto che il paziente sia seguito con un follow-up multidisciplinare».
La rubrica, realizzata insieme ad Asst di Cremona, può essere ascoltata anche sul sito internet del quotidiano La Provincia di Cremona e di Crema e sul suo canale YouTube.
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