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Lo speciale coraggio di infermiere durante la Grande Guerra

La Caporetto e la vittoria di due donne innamorate

Un libro sull’amore accolto nella sua diversità, quella della libertà di essere se stesse anche nella passione e della lotta per restarlo

Gigi Romani

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lromani@laprovinciadicremona.it

17 Maggio 2016 - 17:43

La Caporetto e la vittoria di due donne innamorate

Elisabetta Rasy
‘Le regole del fuoco’, Rizzoli
180 pagine, € 17

di Mauretta Capuano

Le donne al fronte, il loro speciale coraggio di cui non si è mai parlato abbastanza. Elisabetta Rasy racconta la Grande Guerra da questa prospettiva nel suo nuovo romanzo ‘Le regole del fuoco’ che alla fine però è un libro sull’amore accolto nella sua diversità, quella della libertà di essere se stesse anche nella passione e della lotta per restarlo. In un piccolo ospedale sul Carso si incontrano nella primavera del 1917 due giovani infermiere volontarie: l’aristocratica napoletana Maria Rosa Radice e una provinciale di un paesino vicino a Como con il sogno di diventare medico, Eugenia Alferro. Con lei Maria Rosa divide la stanza, impara a sopravvivere alla paura della corsia ma soprattutto sente nascere, tra feriti, moribondi, sofferenze e morte una scintilla che si illumina sempre di più. Fra le due donne nasce una passione inattesa e la notte diventa lo spazio del loro struggente amore. «Mi hai detto che è necessario sapere come stanno le cose, che bisogna guardare in faccia la realtà e che nascondersi la verità è inutile. Hai aperto gli occhi. Allora ti devo dire una cosa. Io ti amo. Ho spento la tua candela e me ne sono andata», dice Maria Rosa a Eugenia che chiama la sua amata Alba Rosa. Tutti hanno un nomignolo in corsia e anche Eugenia Alferro diventa la signorina Diferro. Ma l’avanzare degli austriaci e dei tedeschi impone lo sgombero dell’ospedale e le infermiere devono andarsene nel più breve tempo possibile. Così Eugenia e Maria Rosa si trovano ad affrontare un assurdo viaggio tra camion, ambulanze, treni merci, tragitti a piedi sotto la pioggia e alloggi in case diroccate fino all’arrivo alla stazione di Mestre dove si dovranno dividere. Eugenia sale su un treno verso Milano e Alba Rosa in un altro che va a Sud. «Ti ho visto scomparire su un binario lontano, i tuoi capelli neri senza velo e senza forcine scompigliati sulle spalle, la divisa non più bianca, e un mezzo sorriso, sola, tra una folla di soldati in pigiama. Questa è stata la mia Caporetto», dice Maria Rosa. Tra indirizzi perduti, impossibilità di comunicare, la speranza di ritrovarsi non abbandona mai le due donne che alla fine riusciranno a riprendere i contatti: Maria Rosa è tornata a casa mentre Eugenia è in un ospedale sotto il Monte Grappa. E per dire all’amica ancora sul fronte tutto il suo amore, Maria Rosa dovrà trovare un escamotage che è la parte più toccante del romanzo: le invia canzoni, versi e poesie in napoletano pieni di amore e passione, con la spiegazione in calce. «Parole che le tue compagne potevano leggere, ma che avresti capito solo tu», dice all’amata. Una corrispondenza che dura fino alla vigilia della vittoria che Eugenia, colpita dalla terribile influenza chiamata ‘spagnola’, non potrà però vedere. E per lei Maria Rosa sarà per sempre Alba Rosa. La storia «è stata ispirata da antichi ricordi ma anche dalla lettura di molti diari delle infermiere volontarie della Grande Guerra» come spiega, in una nota al romanzo, la Rasy che nel 1997 con ‘Posillipo’ ha vinto il premio Selezione Campiello ed è autrice di romanzi e saggi come ‘Ritratti di signora’ e ‘Tra noi due’.

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