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Tra umanità e algoritmi le parole vanno pesate

Comunicare con cura fa sempre la differenza in tutti i campi e in modo particolare nella sanità

Walter Bruno

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29 Aprile 2025 - 05:30

Tra umanità e algoritmi le parole vanno pesate

«Le parole sono come le onde: una volta uscite, non tornano più indietro. Ed è per questo che ci vuole arte nel parlarne e maestria nel trattenerle». Parole del poeta latino Orazio suggerite sul bel profilo LinkedIn di Stefano Volpe, che cito: «C’è una saggezza antica nel monito di Orazio, quella che nasce nei vicoli della vita vissuta, dove le parole possono diventare coltelli e le orecchie imbuto». Per vocazione, formazione e professione ho da sempre un’attenzione particolare al ‘peso’ delle parole. Sarà forse perché sono la materia prima con cui lavoro, perché sono un giornalista e da anni mi occupo di comunicazione in ospedale.

Un luogo dove le parole pesano come pietre. Per il semplice fatto che chi entra in un luogo di cura si trova sempre in uno stato particolare, di intrinseca debolezza e fragilità. I medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario - compreso lo staff - sono i custodi di queste parole. Sono chiamati a somministrarle con attenzione, accoglienza, delicatezza. Traducendo in parole semplici concetti a volte complessi legati alla diagnosi e alla cura. Un linguaggio tecnico-scientifico che tra loro i ‘camici bianchi’ utilizzano quasi in codice, ma che davanti al paziente va tradotto, decodificato, assicurandosi che venga compreso.

Con delicatezza, rispetto, empatia. Il contesto fa la differenza. Anche quando il paziente è confuso, teso o peggio aggressivo. Oppure convinto di ‘sapere già tutto’ dopo aver rovistato nella Rete: il web e i social, una meravigliosa opportunità di acquisire conoscenze ma anche un intricato groviglio di parole. E trappole.

Non sono solo i camici bianchi ad utilizzare le parole in ospedale. Anche il personale di staff e i manager sono chiamati a comunicare con attenzione. Quando si trattano materie tanto importanti e cariche di emotività come la salute e la sanità (che riguardano le persone e la loro vita) è fondamentale a mio parere tenere conto del contesto sociale, che esige rispetto della dignità umana e un’etica di fondo. Altrimenti è un guaio. Bando dunque a parole ‘dure’ che provengono dal vocabolario economico: business, marketing, cliente, prodotto, erogazione. Usate fuori contesto stridono, creano fraintendimenti.

Può succedere, anche io rischio di sbagliare quando perdo di vista le caratteristiche del pubblico cui mi sto rivolgendo. Non sto certo dicendo che la sanità al giorno d’oggi non comporti (nella sostanza, non nelle parole) grande organizzazione, managerialità, competenza, attenzione ai costi, efficienza e sostenibilità. Al contrario. Ma tutto questo - pur necessario - non può diventare un pretesto per usare parole arroganti, saccenti o fredde, dimenticando il contesto e la persona. Anche i muri parlano in ospedale: lo fanno attraverso la segnaletica, le insegne, le informative per i pazienti. Anche lì ci sono parole che accolgono e parole che urtano la sensibilità.

E lo stesso vale per le parole usate in Rete, sui social dalle realtà sanitarie per cui valgono le stesse riflessioni e regole: rispetto, chiarezza e trasparenza in primis. Scripta manent, verba volant, dicevano ancora i latini. Vero, ma i tempi cambiano. Ci sono luoghi - e persone - dove ogni parola è una moneta che si spende. E se la getti male, qualcuno se la mette in tasca e la usa contro di te. ‘Orazio non condanna il parlare, ma ci invita a farlo con misura, con senso del tempo e dello spazio. Non è solo prudenza: è dignità’. Diceva Zygmunt Bauman: ‘Oggi siamo tutti sorvegliati e sorveglianti, narrati e narratori’.

Nel mondo digitale in cui viviamo, non serve più essere personaggi pubblici per essere esposti. ‘Le aziende lo sanno bene: una parola fuori posto, un messaggio frainteso, un silenzio nel momento sbagliato, e la reputazione vacilla’. Parole, parole, parole. Con le parole si cura, si ferisce, si trionfa e si finisce nella polvere. Non diamole per scontate. Mai. In un’epoca in cui le parole sono demandate anche all’intelligenza artificiale, ho provato a chiedere a ChatGPT come avrebbe concluso questo articolo, cosa ne pensasse del peso delle parole, facendo qualche esempio. Ecco cosa mi ha risposto. ‘L’intelligenza artificiale, se potesse aggiungere qualcosa a questa riflessione, sottolineerebbe che la responsabilità nell’uso delle parole vale in ogni ambito: dalla sanità alla politica, dall’informazione alla scuola, fino ai luoghi digitali che abitiamo ogni giorno’.

Le parole costruiscono realtà condivise e, come scrisse Orwell in 1984, chi controlla il linguaggio può influenzare il pensiero. Quando i termini cambiano significato, anche il mondo cambia forma. Oggi, ad esempio, etichettare un dissenso come ‘odio’ può silenziare opinioni legittime, così come usare eufemismi svuota di forza i problemi. Pensiamo al discorso di Barack Obama a Charleston, dopo la strage del 2015: con semplicità e profondità, usò il potere del linguaggio per unire e consolare un’intera nazione.

In ‘Il piccolo principe’, Saint-Exupéry mostra come le parole possano rendere visibile l’invisibile, ma anche ferire se mal usate. Non serve tornare alla storia antica per trovare parole che hanno lasciato segni. Basti pensare a Martin Luther King: ‘I have a dream’ non fu solo un discorso, ma una scossa collettiva, una visione consegnata al mondo attraverso un uso potente, semplice e profondo del linguaggio.

Al contrario, parole affrettate o ciniche possono segnare negativamente intere carriere, istituzioni, relazioni. Anche nel mondo del lavoro, del marketing, dell’impresa, ogni messaggio contribuisce a creare o demolire fiducia. Una comunicazione trasparente, onesta, coerente con i valori dichiarati genera relazioni solide. Al contrario, slogan vuoti o promesse gonfiate rivelano presto la loro fragilità. In un tempo dove tutti parlano, chi sa scegliere il silenzio, o pesare bene ogni parola, ha più forza. È un’abilità antica, ma oggi più che mai rivoluzionaria. Sorprendente, vero?

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