L'ANALISI
LE SFIDE DELL'ECONOMIA CREMONESE
28 Ottobre 2022 - 12:30
CREMONA - La fiera della città, il quartiere di Cà de’ Somenzi, con i suoi 100 mila metri quadrati di aree espositive esterne, con i suoi 55 mila metri quadrati di aree espositive coperte, sei sale convegni attrezzate e un parcheggio di 3.500 posti auto, è una città nella città, uno spazio aperto al mondo, ma fortemente radicato nella tradizione della cultura e del tessuto produttivo cremonesi.
«Fra un mese e poco più ci saranno le Fiere Zootecniche internazionali di Cremona, dall’1 al 3 dicembre, e un programma di grande richiamo internazionale. C’è la volontà di rivolgersi al mondo della zootecnica e dell’agricoltura italiano e internazionale, ma anche la consapevolezza della storia della nostra fiera che rinasce all’indomani della fine del secondo conflitto mondiale — spiega il presidente di CremonaFiere, Roberto Biloni —. Sono iscritti 130 allevatori con 650 capi, provenienti da 8 Paesi, cifre più che importanti e destinate a crescere. Ma prima delle Zootecniche avremo Il BonTà, e per Sant’Omobono la Mostra mercato del giocattolo d’epoca. Appuntamenti diversi e diversificati che sempre più caratterizzano con grandi e piccoli eventi la proposta di CremonaFiere».
L’anno che si sta per chiudere e l’imminente appuntamento zootecnico dicono di una ripresa importante che deve essere letta come?
«Lo sforzo che il consiglio d’amministrazione sta portando avanti è quello di offrire una visione diversa di ciò che sono gli obiettivi di una fiera e delle sue strutture a servizio della città, della Lombardia, dell’Italia. Per me non esistono confini. Tanto è vero che, quando parliamo delle Zootecniche e di Cremona Musica, parliamo di fiere internazionali, che sono radicate nella città, ma guardano all’Italia e al mondo. Facendo riferimento a Cremona Musica, nell’ultima edizione abbiamo avuto più del 50% di espositori stranieri, ma c’è stata anche una forte, fortissima presenza di liutai cremonesi che hanno voluto essere in fiera: il 30% in più rispetto all’edizione del 2021. L’internazionalità delle due fiere è un valore che si è venuto costruendo con il tempo, con la passione, con la volontà delle istituzioni, con l’impegno degli amministratori e della struttura stessa. Ecco perché siamo arrivati qui».
Questa consapevolezza e queste buone prassi da dove nascono?
«Dalla voglia di mettersi in relazione con i soggetti istituzionali, le nostre associazioni, con la politica e interrogarci su come poter agire insieme per lo sviluppo dei singoli comparti economici e come mettere a disposizione del territorio le nostre strutture. Non dobbiamo più vendere il metro quadro, ma offrire dei servizi, idee, innovazione. Sempre più spesso sta accadendo che espositori e organizzatori di appuntamenti fieristici vengano da noi a proporre idee e collaborazioni. Questo è un segno di apertura».
E relativamente a quanto CremonaFiere ha fatto in piena pandemia?
«Abbiamo messo a disposizione le nostre strutture durante la pandemia proprio nell’ottica di servizio alla comunità. Questa esperienza è stata dirimente ed ha cambiato tutti noi in generale, ma anche il modo di concepire il ruolo della fiera all’interno della città. Faccio un esempio, ritornando alle imminenti Zootecniche. Abbiamo coinvolto gli istituti di agraria ed hanno già partecipato al programma formativo a loro dedicato un migliaio di studenti provenienti un po’ da ogni parte d’Italia. La formazione è un aspetto importante, il nostro ruolo è quello di intermediari della formazione in ambito economico. La fiera diventa uno strumento che può far incontrare formazione e mondo produttivo a tutti i livelli. Basti pensare anche alla nascita del Centro di Innovazione Agro zootecnico alimentare, nato in sinergia con università ed enti pubblici in cui Cremona Fiere c’è».
Anche in questo senso si deve leggere l’apertura della fiera alla città?
«Non c’è apertura, e non esiste collaborazione alcuna, se non si costruiscono relazioni; da soli non si può andare da nessuna parte. È costruendo rapporti e mettendosi in sinergia che si cresce. Un esempio sono ancora le nostre Zootecniche, una manifestazione forte della sua tradizione, che vede gli allevatori protagonisti in prima persona. Da tre anni l’organizzazione delle Zootecniche è interamente in capo a CremonaFiere e alla sua struttura con cui interagiscono in maniera proattiva gli allevatori, facendosi a loro volta promotori della fiera. In molti casi è lo stesso allevatore ad essere il nostro primo testimonial. Ciò si traduce nella presenza di più di 130 allevatori alle Zootecniche con più di 650 animali iscritti, provenienti da otto paesi esteri. Determinante sarà ,ad esempio, l’appuntamento con l’asta d'élite. Tutto ciò accade perché i settantasette anni di storia della fiera del bovino sono una tradizione che diventa poi vetrina a livello nazionale e internazionale».
Sembra di capire che la presenza di un ente fieristico sia segnale di vivacità del territorio in cui è inserito.
«Laddove ci sono sistemi economici forti, ci sono enti fieristici ben organizzati, in Italia come in Germania. Di contro, laddove viene meno un sistema fieristico, il territorio e le sue attività produttive rischiano di ripiegarsi su loro stesse, a volte fino a scomparire. Cremona vuol dire zootecnica e agricoltura, come musica e liuteria e non credo sia un caso che le loro vetrine siano anche le fiere internazionali: le Zootecniche e Cremona Musica. Non dobbiamo dimenticare che il 50% dei prodotti venduti all’estero passa attraverso il sistema fieristico. Le fiere servono perché mantengono vivo il tessuto produttivo dei territori».
L’internazionalità coesiste dunque con una serie di altri appuntamenti che afferiscono ad ambiti specifici e alle esigenze del territorio. Per quale motivo?
«Rispetto al 2019 l’anno fieristico è cresciuto, in cartellone gli appuntamenti sono aumentati, ce ne sono una decina in più, rispetto al periodo prepandemico. Tutto ciò è il frutto di quel tessuto di relazioni e di dialogo di cui dicevo, abbiamo cercato di intercettare le esigenze del territorio, penso alle giornate di Cremona Bricks, o anche all’Oktoberfest del Tantarobba, oppure offrire nuove opportunità di conoscenza e businnes: Petsfestival, o al Japan Show, solo per citare alcuni eventi del 2022».
Questo moltiplicarsi di appuntamenti a che considerazioni porta?
«La fiera e le sue strutture possono essere una risorsa. La nostra struttura permette, come abbiamo visto, di fare più eventi in contemporanea. Ciò è anche il frutto di quel piano di sviluppo presentato all’inizio della pandemia in cui abbiamo cercato di mettere in fila le prospettive strutturali di CremonaFiere, dalla ristrutturazione della palazzina dove oggi sono i veterinari, alle strategie di sviluppo delle iniziative fieristiche. L’intuizione di oltre due anni fa si sta rivelando vincente. In questo senso il dialogo con la società civile è importante, così come con la politica che dà significato a un settore che permette di dare visibilità alle vocazioni produttive dell’intero territorio. Per questo la presenza delle istituzioni è fondamentale. Accade con Regione Lombardia e l’assessore Guido Guidesi; a livello governativo inviteremo il neoministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e Daniela Santanché, ministro del Turismo, eletta a Cremona. Il dialogo con la politica è importante, ma non lo è meno quello con le forze economiche sul campo».
CremonaFiere conferma dunque il suo ruolo nella vita culturale ed economica della città
«Per raccogliere, bisogna seminare. CremonaFiere sta facendo questo con un ampliamento degli appuntamenti in cartellone, il potenziamento di quelli storici e identitari come le Zootecniche e Cremona Musica con la consapevolezza che forte radicamento al territorio e sguardo al mondo siano due punti fermi del nostro sviluppo».
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