L'ANALISI
IL GRIDO D'ALLARME
22 Agosto 2022 - 05:30
Ernesto Zaghen
CREMA - I danni causati dalla siccità e dalla crisi idrica all’agricoltura, il vertiginoso aumento dei costi dell’energia e dei mangimi, gli scarsi aiuti agli agricoltori e allevatori, la necessità che il Governo intervenga favorendo un accordo di filiera, che tuteli i produttori, i trasformatori e i consumatori. Di questo e di altro ha parlato ieri mattina Ernesto Zaghen, consigliere della Libera associazione agricoltori, intervistato anche da una troupe di Rai 3 e dal collega Paolo Gila, per un servizio andato poi in onda nel Tg delle 14. E lo fa fatto tracciando un quadro della situazione del nostro territorio, partendo dall’esperienza della sua azienda.
«Iniziamo dalla crisi idrica. Chi ha potuto usufruire dei fontanili se l’è cavata. Chi invece doveva aspettare l’acqua di derivazione di fiumi e laghi ha sofferto. La produzione si è ridotta dal 30 al 50%. Le coltivazioni che hanno patito di più sono state il mais e i prati stabili. Specie come la persicaria, la festuca e il trifoglio ladino sono andate perse, per fare spazio a erbe meno nobili, meno nutritive, ma anche meno bisognose di acqua».
A soffrire del gran caldo sono stati anche gli animali. «La temperatura ideale per le vacche – precisa Zaghen - va da -10° a +23°. Oltre questo range, soffrono e producono meno latte. Per noi che abbiamo una stalla con un sistema automatizzato di areazione e spruzzi d’acqua, che entra in funzione oltre una certa soglia, il calo della produzione si è limitato al 10-15%, ma c’è chi ha perso la metà. Questi danni economici si ripercuoteranno sui prezzi al consumo».
Secondo l’allevatore e consigliere della Libera, oggi più che mai c’è bisogno di una politica agricola seria. «È dai tempi del ministro Marcora – afferma Zaghen — che non ne abbiamo una. L’agricoltura deve essere riconosciuta come settore strategico e un punto di forza e l’obiettivo deve essere quello di arrivare all’autosufficienza, come hanno già fatto altri Stati in Europa. Dobbiamo aumentare la superficie coltivabile».
Le fluttuazioni del mercato di questi mesi rischiano di mettere in crisi molte aziende agricole.
«Le peculiarità del Cremasco – aggiunge l’allevatore – non sono quelle di Stati Uniti o Germania. Noi abbiamo costi rilevanti e superfici ridotte e certe fluttuazioni del mercato non ce le possiamo permettere, ma nemmeno i consumatori possono farlo». E proprio sui costi, Zaghen fa un esempio che da solo aiuta a capire cosa è successo negli ultimi mesi: «Prima una reazione giornaliera di un animale, circa 27 chili di cibo, costava 6 euro; oggi siamo attorno ai 13: più del doppio».
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