Io sono Shakespeare. Le confessioni di Edward de Vere di Brünhilde Jouannic Edizioni Cavallo di Ferro Pagine 176, € 16
hi era veramente William Shakespeare? L'interrogativo spinge gli studiosi da secoli dietro le piste più diverse, narratori importanti hanno scritto romanzi e pieces teatrali sulla vita e ipotetiche identità, facendolo anche italiano, del Bardo, che secondo la tradizione era figlio di un guantaio e quasi del tutto privo di istruzione scolastica. Questa volta, per la penna di Jouannic, scrittrice francese nota soprattutto per la sua collaborazione al film 'Uncle Boonmeè, Palma d'oro al Festival di Cannes 2010, è Edward de Vere, 17esimo conte di Oxford, che, verso la fine della sua esistenza riprende ancora una volta la penna in mano e per confessare pubblicamente un grande segreto circa la sua identità: «Io sono Shakespeare». Il vero autore di Romeo e Giulietta, Amleto, Macbeth e degli altri capolavori, non sarebbe il poeta inglese di Stratford-upon-Avon, bensì un consigliere alla corte di Elisabetta, un personaggio immorale e dissoluto su cui pendono le accuse più infamanti (pederastia, negromanzia e omicidio), disposto a tutto pur di indagare le profondità più recondite dell'animo umano. «'Volevo sapere chi ero. Non intendevo, con questo, scoprire ciò che mi piacesse o meno, le idee alle quali aderire, le persone che amassi o che mi ripugnassero - si legge nel romanzo - No, intendevo sapere ciò che l'uomo è. In tutta la sua interezza e complessità. Volevo essere il suo archeologo; questo studio, mi dicevo, mi avrebbe permesso così di apprendere interamente ciò che la natura umana aveva da offrire - nel migliore, ma anche nel peggiore dei casi -, ciò che era capace di fare. Ambivo a capire ciò che la parola esistere sottintendesse realmente. Desideravo vivere a pieno, senza compromessi nè finzioni, ed essere in grado di penetrare ogni breccia, ogni particella per esplorare ogni angolo della mia umanità».
Edward de Vere, ripercorrendo la storia del regno inglese durante la dinastia Tudor - dall'incoronazione della regina Elisabetta I alla esecuzione di Maria Stuarda - intraprende un viaggio all'interno della sua anima per svelarne i particolari più intimi e scabrosi. Un susseguirsi di episodi al limite dell'indecenza, sino al momento in cui il protagonista è costretto a riconoscere che la messa in scena della sua vita ha finito per rivoltarglisi contro: «Ho usurpato l'identità di un uomo. E lui mi ha rubato l'anima». Brunhilde Jouannic avalla insomma la teoria secondo la quale William Shakespeare, attorucolo semianalfabeta, non sarebbe altro che un prestanome scelto per motivi di opportunità. Tra chi sostiene che dietro i panni del celebre drammaturgo si celasse a buon bisogno un Francis Bacon o un Cristopher Marlowe, la scrittrice segue piuttosto le orme di Sigmund Freud e dello studioso Robert Detobel e identifica nel 17esimo conte di Oxford, vissuto alla corte elisabettiana tra il 1550 e il 1604, l'autore delle opere attribuite a Shakespeare. nel romanzo, gli episodi della vita reale di de Vere diventano l'espediente letterario per raccontare la genesi di alcune delle opere più famose del drammaturgo di Stratford: dalla morte del padre nascerà Re Lear, dal matrimonio con Anna Cecil la stesura di Amleto, dall'amicizia con Gascoigne l'idea per 'I due gentiluomini di Veronà e così via.