L'ANALISI
08 Aprile 2023 - 21:24
Vitaliano Daolio con un siluro gigante e mentre illustra l’Acquario del Po agli alunni
MOTTA BALUFFI - «Dopo 24 anni di lavoro come pescaturismo, un giorno mi sono alzato e ho preso la decisione, un po’ sofferta, di chiudere l’attività». Vitaliano Daolio, 67 anni, ex gestore con la moglie Roberta Panizza dell’Acquario del Po, ha messo uno ‘stop’ ad una fase della sua vita, ma certamente non abbandonerà il Grande Fiume. «Non avevo più l’energia per continuare a lavorare come pescatore professionista sul Po», dice. Reggiano di origine, ma trapiantato nel Casalasco, Daolio ha annunciato ufficialmente la sua decisione via Facebook: «Si chiude un ciclo della mia vita, non per incapacità o per altre motivazioni, ma semplicemente perché è giunta l'ora di voltare pagina — ha scritto —. Ho dedicato più di un ventennio al mondo della pesca, combattuto battaglie e vissuto una moltitudine di avventure che ho condiviso con tantissime persone che ho conosciuto. Con molti di loro sono nate solide amicizie che hanno reso tutti questi anni degni di essere vissuti». In 17 anni all’Acquario sul Po si stima siano arrivati 50mila visitatori.
«Purtroppo tanti appelli che ho lanciato sono rimasti lettera morta — sottolinea —. Penso all’attività di guida di pesca, non ancora riconosciuta. Con il primo Governo Conte-Salvini ero riuscito a far capire ad alcuni politici l’importanza di questa figura nella prospettiva di creare un turismo fluviale legato alla pesca. Poi quel Governo è caduto e chissà se la proposta verrà mai ripresa in considerazione. All’interno della Fips, la Federazione italiana della pesca sportiva, riconosciuta dal Coni, ho combattuto insieme a tanti altri per far diventare il pesce patrimonio indisponibile dello Stato, in modo da dare più attenzione a quel che c’è all’interno dei fiumi, ma invano. Ora dico: largo ai giovani, perché c’è ancora tanto da fare. Spero di aver comunque dato un contributo».
Daolio, con sua moglie, ha avuto un incarico dall’Ente parchi dell’Emilia Romagna per creare l’ambientazione di un progetto didattico legato al Po all’interno di una struttura che dovrebbe nascere. «Sto anche aiutando con alcune dritte alcuni ragazzi che hanno avviato un’attività di pescaturismo». Spostando l’attenzione sull’attualità più stretta, con Daolio non si può evitare di parlare del tema della siccità. «Io credo che la soluzione si possa trovare partendo proprio dal Po. Stamattina la portata del fiume era di 450 metri cubi d’acqua al secondo. In una giornata finiscono nel mare 38 milioni e 800mila metri cubi di acqua. E non posso non pensare, allora, a quel che succede con la diga di Ridracoli, che ha l’invaso pieno. A Forlì i problemi di irrigazione li hanno risolti, mentre noi buttiamo l’acqua a mare. Mio nonno mi diceva sempre che non si può buttare via l’acqua, per questo penso che una soluzione la politica debba trovarla, insieme al mondo ambientalista. Però, non si possono sempre dire solo dei ‘no’. Pensiamo solo al dato indicato da Confragricoltura: 60 miliardi di danni provocati dalla siccità. Se gli israeliani avessero il Po, invece che sono costretti a dissalare l’acqua del mare, credo avrebbero reso il deserto un giardino. Voglio comunque pensare positivo e immaginare che si trovi finalmente una via d’uscita».
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