L'ANALISI
14 Gennaio 2020 - 07:00
ROMA — La macchina dello scioglimento delle Camere si è messa in moto. Scalfaro si è riservato di decidere sulle dimissioni del governo che gli sono state presentate da Ciampi. Oggi riceverà i presidenti di Senato e Camera per esaminare con loro la situazione.
L'epilogo della legislatura è diventato l'ultimo terreno di scontro. Ciampi ha preso atto 'della latitudine di apprezzamenti' per l'opera svolta dal governo ma ha anche spiegato che la questione delle prospettive della legislatura «non può essere superata con un voto» perché non è questione di governo, né nell'ordine politico ne in quello istituzionale. Per Ciampi, insomma, lo sbocco della situazione parlamentare non poteva venire né dal ritiro della mozione di sfiducia né dalla presentazione della risoluzione di fiducia presentata da De, Psdi, Pli con la firma del socialista Franco Piro, eletto l'altro ieri capogruppo ma non riconosciuto dalla segreteria del partito.
Scalfaro oggi riceverà i presidenti del Senato e della Camera per esaminare con loro la situazione.
La Costituzione è avara di dettagli sulla procedura di scioglimento delle Camere ma la prassi seguita nei casi precedenti prevede un decreto del capo dello Stato controfirmato dal presidente del Consiglio, secondo un'interpretazione estensiva dell' articolo 89. I pareri dei presidenti delle due Camere che il capo dello Stato deve sentire, sono ritenuti «non vincolanti» dalla dottrina costituzionalistica.
Sui possibili presupposti di legittimo scioglimento delle Camere gli studiosi hanno fornito varie indicazioni: dal caso più frequente, l'incapacità di esprimere una maggioranza di governo, al grave dissenso del corpo elettorale rispetto all'indirizzo del governo, come per esempio un referendum popolare abrogativo di una legge politicamente importante. È anche previsto lo «scioglimento sanzione» in caso di violazioni della Costituzione da parte del Parlamento e accertate dalla Consulta.
Stavolta la situazione è, rispetto ai canoni della dottrina, per molti versi eccezionale. Comunque è certo che chiuderanno «per restauri» Montecitorio e Palazzo Madama. E gli ospiti, secondo regolamento, sono sollecitati a lasciare rapidamente le stanze. Anche se si vede da lontano un miglio che molti di loro non vorrebbero proprio andarsene.
È finita la prima repubblica, ne deve cominciare una nuova.
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