L'ANALISI
14 Agosto 2014 - 11:34
Dovrebbe essere riaperto entro la fine del 2014
CREMONA — Compie 950 anni e non li vuole dimostrare: negli ultimi tempi i lavori di restauro si sono susseguiti dentro e fuori la chiesa di San Pietro al Po. E sono da poco cominciati i lavori per poter riaprire — dopo oltre dieci anni — l’oratorio ‘Pei nostri fanciulli’ di via Giordano, che ha visto crescere generazioni di cremonesi.
L’auspicio è che l’oratorio , che sarà intitolato a San Giovanni Bosco, possa essere inaugurato entro la fine di quest’anno. In ogni caso, dal 14 settembre al 14 dicembre prossimi sono in programma iniziative liturgiche e culturali per celebrare l’anniversario. Si comincerà con l’ostensione straordinaria dellareliquia della Sacra Spina, il 14 settembre; il 12 ottobre, invece, nell’ex refettorio del monastero sarà presentato il centro culturale San Giovanni Paolo II; il 16 novembre, sempre nell’ex refettorio, Umberto Primo Censi terrà una conferenza su Lo spirito di Benedetto e la riforma; il 23 novembre, l’attenzione sarà interamente liturgica, con il ‘rendimento di grazie’; il 14 dicembre, infine, tutti i cremonesi sono attesi nel pomeriggio a una visita guidata alla chiesa — oggetto recentemente delle attenzioni del Fai — e alla presentazione della nuova guida turistica. La chiesa di San Pietro al Po è una delle più antiche di Cremona, anche se la sua facciata rinascimentale e i suoi interni talmente ricchi da sembrare un preludio al barocco non lo lasciano facilmente intuire.
Eppure la storia dell’edificio risale all’XI secolo quando — era il 1064 — i coniugi Ardingo ed Edina, devoti, ricchi e senza figli, lasciarono le loro sostanze ai monaci benedettini che eressero la chiesa e l’a n n e sso convento non lontano dalle rive del Po, che scorreva poco sotto. Furono i monaci a bonificare la zona e a renderla salubre. Del primo periodo, sotto il profilo storico, si sa poco se non che nel 1071 il primo abate ottenne dal papa Alessandro II che il monastero venisse sottratto alla giurisdizione episcopale. Nel corso dei restauri del 2009, sono stati rinvenuti frammenti di un portale romanico che Arturo Carlo Quintavalle, tra i massimi esperti di arte medievale, ha attribuito a Wiligelmo, sostenuto anche da test scientifici.
Le sculture dovrebbero essere state realizzate tra il 1107 (anno di fondazione della cattedrale) e il 1115, seguendo l’iconografia del ciclo dei mesi fondata sul significato del vino e del grano. La presenza di Wiligelmo a San Pietro, inoltre, collega la chiesa cremonese non solo alla cattedrale, ma anche al duomo di Modena e all’a b b azia di San Benedetto di Polirone, nel Modenese, e ad Argenta, non lontano da Ferrara. La presenza benedettina a San Pietro al Po, in ogni caso, seguì la progressiva decadenza dell’ordine.
Nel 1439, perciò, l’ult im o abate benedettino cedette ai Canonici Lateranensi chiesa e convento, bisognosi di restauri urgenti. Furono proprio i Canonici Lateranensi, nell’arco di poco più di un secolo, a intervenire pesantemente sull’antica struttura romanica, fino ad assumere, nel tardo Cinquecento, l’aspetto attuale. L’interno rispetta nella struttura architettonica i canoni borromei di semplicità e funzionalità, a tre navate con transetto laterale di minima ampiezza. Il complesso decorativo affrescato sulle volte dell’interno crea un effetto di fastosa esuberanza cromatica: cariatidi, festoni e cornicioni prospettici si alternano a riquadri centrali e a storie di San Pietro sui lati della volta, opere del pittore cremonese Giovanni Battista Trotti. La decorazione della navata è arricchita da uno straordinario ornato in stucco bianco dorato opera di botteghe artigiane locali. Nei due bracci laterali del transetto si ammira una decorazione particolarmente ricca di invenzioni spaziali illusionistiche realizzata dal 1579 da Antonio Campi.
Gli altari delle navate laterali sono arricchiti da monumentali pale fra le quali si segnalano la natività dipinta da Bernardino Gatti nel 1557 al secondo altare sinistro, la Vergine con il bambino, i Santi Cosma, Damiano e Girolamo, e l’Offerente dipinta nel 1524 da Gian Francesco Bembo al quarto altare sinistro, e ancora la Natività di Giovanni Battista Trotti del 1583 al quarto altare destro. La Natività di Bernardino Gatti sull’altare maggiore fu asportata dai francesi nel 1797 e restituita e ricollocata al suo posto solo nel 1814. La pala del terzo altare sinistro è invece un elegantissimo esempio del raffinato stile eccentrico del Bembo, mentre la Natività del Trotti è un esempio della diffusione di scene notturne a luce artificiale nell’arte cremonese alla fine del Cinquecento, che il Caravaggio assimilerà e rielaborerà.
Accanto alla chiesa sorge inoltre il sobrio chiostro fatto erigere dai Canonici lateranensi nel 1509 su progetto di Cristoforo Solari. Nell’ex refettorio si può vedere il grandioso affresco della Moltiplicazione dei pani di Bernardino Gatti del 1552. Uno scrigno d’arte, quindi, e allo stesso tempo un luogo vivo, punto di riferimento per i fedeli che oggi possono trovare nel parroco don Stefano Moruzzi e nel vicario don Roberto Musa un valido appoggio.
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