Chissà come la prenderebbe Dante. Forse contesterebbe che i peccatori d'oggi siano diversi da quelli della sua epoca. Oppure resterebbe stupito di fronte ai sotterfugi e alle debolezze degli ultimi potenti d'Italia, così difficili da catalogare: fieri dei loro privilegi, ladri a loro insaputa, mercanti di illusioni per la povera gente. Sicuramente tenterebbe, come fece nella Divina Commedia, di indicar loro la strada delle rettitudine. Nell'arduo compito di aggiornare il capolavoro del Sommo Poeta, mantenendo la metrica originale con terzine in endecasillabi, si è cimentato, sette secoli dopo, il giornalista dell'Espresso, Tommaso Cerno. Con una buona dose di ironia, ma anche abilità poetica, lo scrittore vaga nei nove gironi del nuovo inferno dove incontra governanti e non solo, condannati a scontare pene per peccati contemporanei. Tangentopoli, lungi dallo sconfiggere la corruzione, ha aperto la strada ad una generazione di politici, che si è rivelata finanche peggiore della precedente. Ci sono i nostalgici del fascismo, i golosi dei beni pubblici, i mercanti d'amore, i trascinatori di folle. Nefandezze tali da spingere Minosse a chiedere a «colui che tutto move» un aggiornamento completo dell'aldilà, che nasce per comodità proprio sotto Montecitorio. Il poema, abbellito dai disegni di Makkox, grazie alle note che corredano ogni singolo passo, si rivela un viaggio nella storia della Seconda Repubblica. A partire da quel primo canto nel quale il poeta si trova davanti a Fanfani mastino, Forlani felino e Andreotti giaguaro, che, dopo aver narrato alcuni misfatti della Prima Repubblica, lo accompagna, novello Virgilio, tra i gironi infernali. A ognuno il suo contrappasso. Tra i nostalgici del fascismo c'è Gianfranco Fini, ripudiato dallo spirito di Giorgio Almirante. Ospite del cerchio dei deflagratori della patria è Umberto Bossi, condannato a risalire il Po a nuoto, contando gli affluenti, rimasti suoi unici seguaci. Suo vicino di girone è Roberto Formigoni, relegato in una torre solitaria per aver tradito il suo maestro don Giussani. Tra i mercanti d'amore non poteva mancare Giampaolo Tarantini, mentre Franco Fiorito, condannato a riempire sacchi di monete d'oro che si trasformano in pipistrelli, e Claudio Scajola, costretto a costruire una dimora con il sudore della fronte, sono i nuovi golosi. Nel canto decimo ce n'è anche per il centrosinistra, con Romano Prodi inquilino del girone degli illusi e vittima perenne di una metaforica sfiducia parlamentare. Tra i trascinatori di folle c'è invece Beppe Grillo, che su un palcoscenico urla e agita le braccia mentre il pubblico, invece di applaudire, piange e si lamenta. In uno stadio scavato nella roccia infernale va in scena l'eterno duello tra Antonio Di Pietro e Bettino Craxi. L'ultimo girone, il più basso di tutti, quello dedicato ai traditori dei popoli, non poteva che essere per il simbolo della Seconda Repubblica: Silvio Berlusconi. Il Cavaliere sconta la pena come un re, nudo, seduto su un trono di pietra grezza, assieme alla corte dei suoi fedelissimi, sovrano di un regno che esiste solo nella sua fantasia. Sulla sua testa vola Stalin che arringa la folla e ottiene il suo consenso.