L'ANALISI
01 Marzo 2024 - 09:45
Crotti, Gadda e Soldi
CREMONA - «Oggi si tende a mettere la palla nel campo dell’Europa. La maggioranza e il ministro Lollobrigida sono molto bravi a dare le responsabilità altrui. Rispetto al mondo agricolo, dare colpe sempre a qualcun altro è un grande alibi per non discutere, insieme, delle fragilità del sistema». Così l’onorevole di Italia Viva, Maria Chiara Gadda, vicepresidente della Commissione agricoltura alla Camera, ieri in visita alla redazione de ‘La Provincia’, accolta da Riccardo Crotti, presidente di Confagricoltura Lombardia, da Cesare Soldi, presidente della Libera Associazione Agricoltori Cremonesi, e dal direttore Paolo Gualandris.
Gadda rivendica che «per Italia Viva, e soprattutto durante il Governo Renzi, l’agricoltura non è il settore primario solo perché il primo della filiera». Lo è «perché è strategico». Alle Europee, spiega, «noi ci candidiamo con Matteo Renzi in prima fila per dire che la politica si deve avvalere di buoni politici. Questa Europa un po’ sonnacchiosa deve svegliarsi con la politica. In Europa bisogna mandare le persone che i temi li conoscono, che hanno voglia di battersi per questo». Bisogna «creare alleanze tra Paesi che abbiano affinità produttive oppure affinità politiche. Talvolta l’Europa viene vista come il cimitero degli elefanti. Non è così. L’Europa dev’essere il luogo dove noi diamo il cambio di passo, primo perché siamo il Paese fondatore, poi perché siamo una delle potenze mondiali che ha saputo determinare molto in tanti campi».
Della narrazione del Governo Meloni, la vicepresidente della Commissione agricoltura contesta più cose. «Italia Viva è il primo partito che ha messo all’attenzione pubblica il ripristino dell’esenzione Irpef. È abbastanza paradossale che la maggioranza, composta dai partiti che per anni avevano detto che le tasse non dovevano essere aumentate, lo abbia fatto nel settore più fragile: l’agricoltura. Chi ha pensato di toglierla, intanto non ha capito che dividere il mondo in grandi e piccoli non funziona, perché i piccoli l’Irpef non l’avrebbero mai pagata. Si sarebbero andate a colpire le aziende più strutturate. Se poi dici, come ha detto la presidente del Consiglio, che si è tolta perché si erano avvantaggiati i grandi produttori, stai dicendo che stai facendo una patrimoniale e la stai facendo sul settore primario. Hai voglia a dire che il Made in Italy deve essere supportato. Il Made in Italy, Italia Viva e Matteo Renzi lo hanno sempre sostenuto con i fatti e con le risorse, non con le parole».
Quando in Europa si parla di agricoltura, aggiunge Gadda, «non bisogna fare populismo ambientale come quando qualcuno pensava di equiparare le emissioni delle stalle alle industrie». Se «in Europa ci vuole un’analisi che sia precisa dello stato dell’arte, di dove vogliamo andare», tuttavia «dobbiamo fare i compiti anche a casa nostra», perché «poi la Politica agricola comune viene attuata dagli Stati membri e ce ne sono alcuni che in questi anni l’hanno attuata meglio di noi».
Sulla nuova Pac, spiega: «Le domande arriveranno a maggio; la burocrazia italiana è nettamente superiore a quella ad esempio spagnola e francese. Ci sono responsabilità importanti su come noi attuiamo le misure e su come facciamo arrivare le risorse agli agricoltori. Se gli enti pagatori non sono efficienti o arrivano in ritardo, non è colpa dell’Europa, ma dell’Italia. Il ministro Lollobrigida ha detto che è la prima volta che si danno gli anticipi Pac: non è vero, perché lo aveva fatto la ministra Teresa Bellanova, erano arrivati in tempo. Oggi sono arrivati, ma in modo molto disomogeneo: chi al 30, chi al 20, chi al 40%. Questa io non la chiamo efficienza».
Dal punto di vista fiscale, Gadda ricorda che «nell’ultima legge di Bilancio del Governo Meloni, non sono stati riconfermati gli sgravi contributivi per i giovani agricoltori: non va bene. Durante il Governo Renzi si erano stanziati 108,6 milioni di euro. E noi siamo il Paese con meno nuove aziende aperte da giovani agricoltori. Interrompere quel ciclo forse non è una cosa così intelligente».
Del decreto Made in Italy, dice: «È l’ennesima scatola vuota. Ai settori produttivi serve formazione tecnica e scientifica? Ed è una scatola vuota anche perché sono tutte misure fatte quest’anno a invarianza di risorse e di classi di concorso. Il Made in Italy, a partire da quello agroalimentare, chi lo insegna? Chi non ha un percorso formativo e le competenze giuste?».
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