L'ANALISI
30 Ottobre 2022 - 10:11
Stefano Berni e Riccardo Crotti nella sede del Consorzio per la tutela del Grana Padano
DESENZANO - Nel mese che ha visto il debutto del nuovo logo e della nuova campagna promozionale (con uno spot che sta letteralmente facendo il giro del mondo, filmato in parte dove tutto è cominciato - i luoghi storici dell’Abbazia cistercense di Chiaravalle - ed impreziosito dalla maestria di due premi Oscar italiani del calibro di Giuseppe Tornatore alla regia e di Ennio Morricone con il celeberrimo 'Gabriel's Oboe' tratto da Mission), punta a stabilire altri primati soprattutto sui mercati esteri il Grana Padano, la dop più consumata al mondo, tutelata dal Consorzio presieduto da Renato Zaghini e guidato dal direttore Stefano Berni.
Da 24 anni al timone del quartier generale di San Martino della Battaglia, giovedì scorso Berni ha incontrato in sede il presidente di Confagricoltura Lombardia e della Libera Riccardo Crotti, il vicepresidente della Libera Amedeo Alfredo Ardigò, il direttore de La Provincia Marco Bencivenga e quello di PubliA Marco Aschedamini. Una preziosa occasione di confronto, «ma da parte nostra - ha sottolineato Crotti - anche e soprattutto un modo per ribadire la grande importanza di questa realtà per tutto il comparto lattiero-caseario, e la valenza strategica dei Consorzi e delle denominazioni protette italiane, che vogliamo difendere a tutti i costi dall'inaccettabile tentativo di omologazione portato avanti dall'Unione Europea con la proposta del nuovo regolamento».
«Se nessuno sente mai parlare male del nostro prodotto (per altri 'marchi' non è così scontato...), ci sono molte buone ragioni, che sostengono quindi la necessità di tornare a 'riconoscere', difendere e sostenere anche da Bruxelles tipicità e specialità identitarie della produzione nazionale italiana», ha sottolineato Berni. «Il nostro cda rappresenta nel modo più concreto e autorevole il sistema delle Dop: con i principali soggetti che commercializzano il Parmigiano Reggiano, il presidente del Consorzio Provolone Valpadana Libero Stradiotti, quello del gorgonzola e di Afidop Antonio Auricchio, il vicepresidente dell'Asiago, Fabio Finco, la Galbani... Siamo il più grande player nazionale del latte italiano: nei primi otto mesi di quest’anno ne abbiamo trasformato in Grana Padano Dop 2,7 milioni di tonnellate».
A proposito di Galbani, Berni ha precisato di non nutrire particolari timori per l'acquisizione effettuata dalla casa-madre Lactalis nei confronti del Gruppo Ambrosi, sfuggito «per errori di strategia e tempistica» alle mire di Granarolo, che avrebbe quindi potuto evitarne il passaggio dal controllo italiano a quello francese. «Sulla carta potremmo essere preoccupati, ma i risultati - anche in termini di remunerazione del latte alla stalla - sono francamente soddisfacenti». Fermo restando che tra il latte ‘contrattualizzato’ (il latte spot resta per molte ragioni su un altro pianeta) e quello destinato a Grana Padano non c’è mai stata partita. «Negli ultimi 20 anni, lo spread fra i due livelli di remunerazione si è mediamente attestato all’11%, con un prezzo finale di 4,5/ 5 centesimi al litro fino a quale mese fa», prima che riprendesse a salire fino a quota 57 centesimi.
«Il Grana Padano come sicuro produttore di ‘valore aggiunto’, che negli anni scorsi ha salvato da chiusura certa il 50% delle stalle», ha osservato Crotti. Questione di qualità e posizionamento sui mercati, ma anche di una linea spesso al centro di discussioni eppure oggettivamente efficace come quella dei piani produttivi. «Chi li critica anche da posizioni di rilievo, definendoli uno strumento che crea rigidità nell’offerta, nega l’evidenza», ha attaccato Berni. «In realtà generano valore. In vent’anni i piani produttivi (quello attuale ha ottenuto in assemblea il disco verde del 95% dei soci) hanno sempre permesso di trasformare in Grana Padano meno latte di quanto era magari nelle intenzioni – difendendo così il prezzo – , tenendone però a disposizione per altri sbocchi di mercato. I caseifici ne hanno avuto beneficio su entrambi i fronti; quanto alla crescita dei volumi produttivi della Dop, è stata graduale, equilibrata ma comunque significativa. Ogni anno 60 mila tonnellate di latte trasformato in più, partendo sotto i 4 milioni di forme per arrivare quasi a 5,2. Con una quotazione sempre buona e di traino per il resto del comparto. Così è stato possibile evitare un crollo della produzione altrimenti inevitabile, anche perché in questa fase lo spread di remunerazione tra latte spot e latte per il Grana Padano non è rilevante. Oggi il prezzo finale del formaggio permette di attenuare un po’ l’impatto del caro-energia, comunque significativo. Rispetto ad altri comparti produttivi scontiamo però lo svantaggio di una lunga immobilizzazione finanziaria: il latte ai conferenti va pagato subito, poi però la stagionatura richiede in media 16 mesi prima dello sbocco del prodotto trasformato sul mercato finale. E il costo del denaro ha ripreso a salire, insieme ai costi produttivi in generale e di caseificio in particolare (+40%)».
Gli scenari futuri, almeno nel breve termine, sono ovviamente nel segno dell’incertezza, complice anche la situazione internazionale. «Noi non abbiamo avvertito contraccolpi dal conflitto russo-ucraino solo perché in Russia – dove stavamo andando molto bene – ci hanno ‘bloccati’ già nel 2014. In Italia qualche rallentamento nella domanda si avverte, ma riusciamo a compensarlo con l’export, che a fine anno ‘varrà’ il 45% del totale e punta al 50%. Con la grande distribuzione e con le catene dei discount c’è un buon rapporto, sia all’estero che in Italia. Contribuiamo in modo significativo al sostegno delle attività promozionali dei nostri esportatori e soci, ponendo però come condizione che non vengano promosse campagne promozionali per i prodotti similari. Il nostro è un discorso di qualità, da rendere quanto più possibile popolare e diffuso tra i consumatori. Tante battaglie per le quali contiamo ovviamente sul sostegno del nuovo ministro dell’agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, al quale auguriamo buon lavoro».
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