L'ANALISI
05 Giugno 2022 - 08:34
Il campo di mais danneggiato l'altra notte
CELLA DATI - Coltivazioni distrutte e rabbia. Quella di Gianluigi Cerati, in questo caso, ma potrebbe essere, ed è, la stessa di ogni agricoltore. Ieri mattina l’amara sorpresa: le nutrie hanno devastato decine di metri a mais nei campi della Aziende Agricole Cerati. L’imprenditore filma e documenta. Lo fa da sempre e lancia appelli, sentendosi però lasciato solo. «È così ogni giorno e da otto anni peggiora. Abbiamo 1.200 pertiche e siamo passati da 3 mila euro di danni a quasi 80 mila all’anno. La situazione è insostenibile. Le istituzioni ora decidano: o autorizzano un contenimento serio, non con delle gabbiette, o ci rimborsino per le perdite. Lavorare in queste condizioni non ha senso».
Cerati è il titolare di una delle più importanti azienda agricole del Cremonese, con sede a Scandolara Ravara. Per di più è veterinario. Delle nutrie, insomma, se ne intende un bel po’. Degli animali in sé, certo, ma pure dei danni catastrofici che causano al suo settore. Ma ci tiene a mettere subito le cose in chiaro: «Non è un problema con cui convivo solo io, anzi. Porto solo uno dei moltissimi esempi. E non è per la mia specializzazione, ci arriva chiunque abbia due dita di testa a capire che non è una situazione sostenibile. Si moltiplicano a ritmi esponenziali e inarrestabili e divorano di tutto ma sono particolarmente interessate al mais, consumandone decine di metri per sera. Per non parlare di argini e canali, ci sono i loro buchi ogni settanta-ottanta centimetri. E nessuno fa niente». Non che il problema sia sconosciuto ai più, tutt'altro: «Con la Libera Associazione Agricoltori Cremonesi abbiamo chiesto infinite volte alla Provincia di fare qualcosa ma senza successo. Lo facciano loro, la Regione o lo Stato ma qualcuno si deve pur muovere». Il contenimento messo in campo da Cremona, infatti, è un cucchiaino per dissalare il mare: «Immaginate di andare in Ucraina – spiega Cerati – con una carabina per fermare l’esercito di Putin. Ecco, questa è l'efficacia del catturare con una gabbia cinque nutrie quando restano libere le altre mille lì accanto».
Beninteso, quelle dell’agricoltore, condivise peraltro da tutti i colleghi, non sono lamentele senza scopo. Se c’è da far proposte, non si tira affatto indietro: «Una soluzione? In realtà ce ne sono due. Se la politica decide di inseguire il consenso che porta il bacino elettorale animalista, e credetemi quando dico che posso anche capire questa scelta perché rispetto ogni idea, allora lasci pure libere le nutrie. Non si vuole autorizzarne l’abbattimento con le armi? Va bene – qui la provocazione – Gli darei pure da mangiare io, davvero, ma poi come agricoltori pretendiamo i giusti risarcimenti per ogni singolo danno. Se invece – ecco il consiglio – si intende rispondere seriamente a questa emergenza, e non all’ultimo come fatto col caso dei cinghiali e della peste suina, ampiamente prevedibile ma a lungo ignorato, allora si diano le dovute autorizzazioni di caccia. Posso pure pagarlo io il cacciatore ma che possa operare e abbattere però. Non vorremmo mai finire dalla parte del torto. Se infine le armi non vanno bene ci sono i rodenticidi, e studiamo seriamente un metodo per tenerne lontani gli altri animali». La chiosa è cristallina: «Insomma, le soluzioni ci sono. Basta aver voglia di fare e chiamare in causa chi questi argomenti li conosce. Non è più tempo di aspettare».
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