L'ANALISI
25 Dicembre 2017 - 04:00
IL CASO
A 44 anni troppo vecchio per lavorare e il reddito di inclusione è una beffa
Signor direttore,
vi scrivo perché sono disgustato ancora una volta dal nostro governo. Mi chiedo: ma in Italia vanno avanti solo i furbi? Vi spiego, la nuova legge sul reddito di inclusione, il Rei, è rivolta a famiglie con bambini minorenni, ad invalidi, che però abbiano almeno un genitore (e chi ha invalidi anziani?), forse il governo crede nella resurrezione? Dato che chiede i genitori ad invalidi ultra settantenni o a ultra cinquantacinquenni. Il tutto con un Isee di 6.000 euro. Il governo con questa legge non fa altro che incrementare il lavoro nero, perché vedrete molte persone che percepiranno il cosiddetto Rei lavoreranno in nero. Così come quelli che prendono la disoccupazione e lavorano nei campi, come badanti, fanno pulizie in casa d’altri, a poco prezzo.
Vede, io ho 44 anni non lavoro ormai da 8 anni, ho perso la voglia di cercare un lavoro. Ho mandato il curriculum in posti più disparati, mi sono offerto anche per pulire i bagni (per l’amor del cielo, ogni lavoro ha la sua dignità). Ho risposto ad annunci per lavapiatti, ma chiedono il diploma (ho scoperto che per lavare i piatti serve un diploma, ridicolo). Faccio del volontariato con i bambini per non impazzire in casa. Vorrei chiedere al governo, questi soldi invece di regalarli, investiteli per creare posti di lavoro. La fascia di età come la mia non potrà mai trovare un lavoro.
La risposta unica che mi son sentito dire è: «Mi spiace, è troppo vecchio». Beh, se per il mio Paese a 44 anni sono vecchio, posso dirlo con tutto il cuore, mi vergogno di essere italiano. O meglio: del governo italiano!
Luigi Lettieri
(Soncino)
Anzitutto le auguro di trovare presto un lavoro. Purtroppo, di casi come il suo in Italia ce ne sono tanti. E’ inconcepibile che a 44 anni ci si trovi estromessi dal mondo del lavoro. Così come trovo assurda la richiesta di un diploma per fare il lavapiatti: anche chi non ne possiede uno deve avere il diritto di guadagnarsi onestamente la vita. Il reddito di inclusione deve essere uno strumento provvisorio per aiutare chi è in difficoltà, ma senza una seria politica sul lavoro rischia di diventare solo carità. Tutto ciò non è dignitoso.
L'INTERVENTO
La povertà si combatte con investimenti pubblici
Egregio direttore,
nei giorni scorsi il suo giornale ha pubblicato una lettera del signor Gabriele Marchetti dal titolo «La vera minaccia della democrazia è la povertà».
Concordo molto con quanto scriveva Marchetti: stiamo vivendo una crisi profonda del nostro sistema democratico e questa crisi si intreccia con la stagione dei diritti negati, a partire da quello al lavoro e a un reddito dignitoso. Una graduale ripresa in Europa è arrivata, ma l’Italia non sembra beneficiarne: la crescita rimane stentata e l’Italia rimane collocata all’ultimo posto nella graduatoria europea. Il nostro Paese prosegue sulla strada dei bonus e degli sconti fiscali, un percorso che non ha prodotto nulla di apprezzabile sul versante dell’occupazione stabile e della crescita. Nessuno ha la bacchetta magica, ma si tratta di fare delle scelte, scelte concrete per cambiare rotta.
Io penso che tutte le risorse disponibili dovrebbero essere utilizzate per maggiori investimenti pubblici ad alto moltiplicatore, in modo da stimolare la crescita e l’occupazione e portare il Paese verso la fuoriuscita dalla crisi, privilegiando gli investimenti sotto soglia comunitaria da parte degli enti territoriali per garantire maggiore celerità e, quindi, realizzabilità. Il rilancio delle spese per investimenti pubblici è da tempo consigliato dal Fmi, dall’Ocse e da autorevoli studiosi. Le politiche seguite negli ultimi anni, basate sulla riduzione della spesa pubblica e delle imposte, non hanno avuto effetto perché in una situazione di stagnazione, depressione e deflazione come quella italiana (ed europea) le politiche dell’offerta sono inefficaci in quanto il problema è la carenza della domanda e non la rigidità dell’offerta. Il moltiplicatore fiscale degli investimenti è di due/tre volte maggiore di quello della riduzione delle imposte che in realtà è inferiore all’unità. In questo quadro, non convince l’ipotesi di procedere con privatizzazioni pensate al solo scopo di fare cassa, pensate al di fuori di qualsiasi strategia industriale.
Serve quindi un incremento netto degli investimenti di almeno mezzo punto di pil all’anno per almeno tre anni per finanziare un grande piano del lavoro e per l’ambiente. I settori di intervento più utili e urgenti dovrebbero essere quelli dell’innovazione nel settore energetico, della siderurgia, della cosiddetta chimica verde, dell’agroalimentare, della messa in sicurezza del territorio, dello sviluppo delle infrastrutture ferroviarie, della viabilità minore e delle bonifiche dei siti inquinati. Vanno però introdotte procedure che rendano effettivi questi interventi eliminando gli ostacoli di diversa origine che oggi fanno sì che il ciclo della spesa per opere pubbliche sia in Italia di 9 anni.
Inoltre va data priorità a un intervento sull’Irpef a vantaggio dei redditi medio-bassi, evitando invece ulteriori interventi di condono fiscale o misure che mettono in discussione il principio costituzionale della progressività fiscale, come quelle a favore dei milionari stranieri che decidono di stabilirsi in Italia. Vanno attuati risparmi di spesa, soprattutto nelle spese per consumi intermedi, il cui ammontare è cresciuto ultimamente. Va affrontato seriamente il problema dell’evasione fiscale di massa, che costa ai nostri bilanci oltre 100 miliardi/anno, e insieme quello della corruzione, che costa oltre 50 miliardi/anno.
Cifre enormi, che anche solo ridotte di un terzo consegnerebbero risorse significative per rilanciare il nostro sistema. Occorre adottare un piano di contrasto alla delocalizzazione produttiva e fiscale delle imprese e dotarsi di una vera web tax sulle imprese del digitale con sede all’estero: quella introdotta con la Legge di Bilancio 2018 è una farsa. Le proposte esistono da tempo, altre se ne possono avanzare e, se realizzate correttamente, esse potrebbero fornire risultati molto rilevanti.
In conclusione, al signor Marchetti e a tutti i suoi lettori vorrei dire che per proteggere i più deboli (oramai sono milioni in Italia) e per rilanciare un sistema produttivo che possa distribuire maggior benessere a tutti, bisogna anche ridurre quella forbice che vede il solo 10% della popolazione detenere oltre il 50% della ricchezza del nostro Paese. Insomma, per avere maggior uguaglianza sociale bisogna redistribuire. Senza questa scelta non ci risolleveremo mai.
Franco Bordo
(deputato della Repubblica Italiana per Liberi e uguali)
Capotreno licenziato/1.
Gli va reso merito. Punizione immeritata
Egregio direttore,
le scrivo in merito all’aggressione subita dal capotreno signor Stagnati: ennesima figuraccia di Trenord che, anziché rendere merito ad un dipendente onesto e coscienzioso, lo licenzia per aver offeso il trasgressore (e ladro visto che gli è stata ritrovata addosso la refurtiva). Va bene, saranno volate parole grosse, ma vogliamo tener conto del contesto in cui sono state dette? Il capotreno le stava prendendo e magari rischiava pure una coltellata e ci si indigna per una frase razzista? Ma scherziamo? Che Trenord pensi piuttosto a far funzionare i pessimi servizi che eroga anziché badare a salvarsi la faccia ed essere politicamente corretta in situazioni che di corretto non hanno proprio nulla.
Rossella Panozzo
(Cremona)
Capotreno licenziato/2.
La morale è: non pagare è lecito
Egregio direttore,
vorrei esprimere la mia solidarietà al ragazzo che è stato aggredito durante lo svolgimento di una delle mansioni che Trenord gli ha affidato quando lo ha assunto: controllare che tutti paghino il biglietto.
E’ decisamente poco ‘educativo’ che passi il messaggio che chiunque decida di non pagare il biglietto può fare la voce grossa, dato che se il capotreno si impunta e pretende il pagamento rischia anche di essere licenziato. Sembra quasi un incentivo a tutti quei capotreno che ormai non hanno più il coraggio di esporsi in prima persona, e preferiscono starsene da parte per non rischiare la propria incolumità.
Come ha detto una volta un famoso giornalista, è facile giudicare i fatti che senti al telegiornale seduto davanti a un piatto di pastasciutta. Bisogna provare a stare ogni giorno in trincea, vedere le regole continuamente violate, sentirti impotente perché vorresti riuscire nei compiti che ti sono stati affidati.
Mi auguro che tutta questa faccenda si possa risolvere nel migliore dei modi per il ragazzo, che merita comunque il nostro rispetto e la nostra solidarietà per la perseveranza con cui ha svolto il suo compito, isolato in mezzo a tante persone che non hanno mosso un dito per aiutarlo, ed anzi hanno avuto la faccia tosta di filmare e postare in internet l’accaduto, causandogli ulteriore danno.
D. B.
(Cremona)
Lupi nel piacentino
Se cacciano le nutrie lasciamoli ‘lavorare’
Egregio direttore.
ieri sul suo giornale ho letto un articolo che parlava della presenza di lupi nella bassa piacentina, con tanto di foto dove un esemplare di questi teneva in bocca una nutria appena catturata. Subito commenti di gente che parla già di abbattimenti selettivi, ovvero ucciderli e basta, come avviene per le volpi. Ma, mi domando: se in natura esiste un predatore che fa il lavoro che costa tanto alle casse regionali e provinciali, non sarà meglio lasciarli in pace? O si vuole aggiungere un ulteriore preda per il diletto dei cacciatori?
Amilcare Boni
(Gussola)
Cenone della Vigilia
I sapori del passato piaceri irripetibili
Caro direttore,
sulla sponda emiliana del Po il cenone della vigilia è sempre stato un rito rigoroso quanto vincolante. Come antipasti: sedano verde condito con olio e sale, anguilla marinata e piccoli pesci di fiume macerati in soluzione d’aceto. Di primo piatto gli gnocchi di patate conditi con burro fuso. Di secondo un intingolo di funghi porcini con lumache accompagnati da spinaci al burro. Per dessert quattro morsi di torrone cremonese. Il tutto annaffiato da un vinello locale senza pretese. Piaceri irripetibili perché apprezzati con lo spirito d’altri tempi. Oggi, per quanto s’aggiornino i menù, nulla riesce più ad appagarci.
P.F. Mari
(Cremona)
Ospedale Maggiore di Cremona
A Oncologia persone davvero speciali
Buongiorno direttore,
chiediamo spazio al suo giornale per dire grazie. Vorremmo farlo a tutto il reparto di Oncologia dell’Ospedale Maggiore di Cremona. Da qualche mese per noi è una frequentazione assidua e, nonostante si stia parlando di un reparto particolare, abbiamo trovato un ambiente sereno, cordiale e famigliare. Questo grazie a persone a dir poco speciali iniziando dal primario con tutta la sua equipe medica, la caposala insostituibile , il team infermieristico e le ausiliarie.
Persone fantastiche, sempre disponibili, sempre gentili, sempre cordiali, sempre un sorriso, sempre una parola. Professionalmente serie e preparate. In questo lungo periodo non ci hanno mai lasciati soli in ogni giorno ed a qualsiasi ora. Non facciamo i nomi per il timore di dimenticarne qualcuno, sarebbe imperdonabile. Abbiamo conosciuto un mondo nuovo ed abbiamo avuto la fortuna in questo percorso di avere conosciuto persone fantastiche e tutto ciò non era scontato.
Quindi un grazie di cuore a tutti voi, che non siete solo professionisti, ma gran belle persone. Grazie e Buon Natale e avanti tutta.
Guido e Paloma
(Cremona)
Ingerenze nella politica
I magistrati siano elettivi
Egregio direttore,
come spesso accade il Consiglio superiore della magistratura ritiene di potersi sostituire al governo in materia che lo riguardi (riforma della giustizia, in questo caso) quasi ad identificarsi in un terzo organo camerale, vi è da chiedersi cosa si attenda a varare una legge che permetta l’accesso alla carriera giudiziaria, almeno, attraverso pubbliche elezioni.
Andrea Castelli
(Cremona)
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