L'ANALISI
TEATRALIA
09 Marzo 2019 - 12:28
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Vetrine chiuse, i centri storici che diventano deserti commerciali oltre che spazi disabitati, non frequentati e per questo terra di nessuno. Accade, accade un po’ ovunque. In città piccole e grandi, senza alcuna distinzione. Il buio delle vetrine dei negozi chiusi, i locali sfitti sono una ferita di una città che non si riconosce più, che non si vive e c’è chi ha deciso di curare questa ferita con una provocazione simbolica, con il teatro, riaprendo i negozi, riaccendendo le vetrine per raccontare che una nuova vita è possibile.
Il simbolico è terreno naturale del teatro e così a Parma – ma potrebbe capitare in qualsiasi altra città con formule performative simili o dissimili - è nato nel 2013 il progetto S-Chiusi, progetto ideato dal Teatro delle Briciole, che lo realizza con l’associazione Micro Macro Festival e con gli assessorati alla Cultura e alle Attività Produttive del Comune di Parma, oltre che con il contributo della Regione Emilia Romagna, della Fondazione Monteparma e la collaborazione di Ascom, Confesercenti e Unipol. Sono questi dettagli non accessori per raccontare di un’idea condivisa: di abitare le vetrine e i locali lasciati vuoti dalla crisi del commercio e trasformarli in spazi performativi, riaccendere le luci di quelle vetrine per ipotizzare un uso diverso o semplicemente per raccontare che al teatro si addicono le risurrezioni. Tutti insieme: proprietari dei negozi (i più difficili da coinvolgere), l’ente pubblico, le associazioni di categoria e il Teatro delle Briciole, compagnia di teatro dell’infanzia, e tanti artisti hanno compartecipato a questa pro-vocazione, a realizzare una possibilità altra di ridare vita agli spazi lasciati vuoti dalla crisi del commercio e persi non solo all’economia, ma anche alla socialità.
La prima edizione ha riguardato il quartiere Oltretorrente particolarmente colpito dalla crisi economica e dei servizi, poi il format nel 2015 e nel 2018 ha riguardato altre zone della città di Maria Luigia, fino a coinvolgere nell’ultima edizione un’intera zona del centro storico. Flavia Armenzoni, della direzione del Progetto S-Chiusi ci tiene a sottolineare come: «S-Chiusi è un progetto condiviso che non si pone come risposta, ma come proposta. L’edizione del 2018 non si sviluppata su una sola via come quelle del 2013 e del 2015, valorizzando la nuova sistemazione di Borgo Romagnosi e gli spazi che tramite il sottopasso saranno direttamente collegati con Piazza Ghiaia. Abbiamo voluto creare una passeggiata creativa tra i negozi che si ‘schiudono’ facendo riassaporare un’idea di relazione umana che è elemento comune tra teatro e negozi di prossimità».
Sta qui la chiave simbolica: i negozi dei centri storici sono negozi di prossimità, ovvero sono spazi che vivono delle relazioni che si riescono a intessere nella zona urbana in cui operano o dovrebbero operare. Se quella zona della città si spopola, diventa poco appetibile anche i negozi muoiono perché non hanno più un possibile cliente, si interrompe un dialogo commerciale. I negozi di prossimità vivono di servizi e relazioni intime, esattamente come il teatro. Da qui la chiave di volta messa in atto dal Teatro delle Briciole: utilizzare il teatro come detonatore di curiosità, di relazione. Si passa, si passeggia davanti a quelle vetrine di nuovo illuminate con la curiosità del flaneur, attratti da mercanzie nuove: racconti, atti performativi, momenti musicali, una sorta di mercanzia dell’anima, un commercio di bellezza tutta da partecipare.
«Le performance sono commissionate apposta per S-chiusi, si ricreano dei ‘negozi immaginari,’ con merce ‘particolare’ - continua Flavia Amerzoni - Attraverso una serie di azioni teatrali si restituisce attenzione a questi spazi della fragilità urbana, la cui rinascita può favorire un processo di umanizzazione della città e un movimento di partecipazione e riconquista della cittadinanza, stimolando lo sviluppo di legami sociali. Il teatro declina con i suoi pensieri, la sua immaginazione e il suo vocabolario il mondo del commercio, dell’acquisto e della vendita, la loro dimensione comunitaria e conviviale. Sovverte le leggi della comunicazione e del marketing, esce dallo spazio e dal tempo, propone prodotti fantastici e irreali, scardina, evoca, ironizza sui miti e i rituali del consumo, delle merci, degli oggetti, dei sogni. I negozi si s-chiudono, gli abitanti li ripopolano, riscoprono il piacere delle relazioni di vicinanza, si riappropriano per qualche istante di uno spazio urbano da condividere».
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