Tretrecinque
di Ivano Fossati
pagine 412, € 18,50
Einaudi
Il suo collega Luciano Ligabue l’avrebbe definita ‘una vita da mediano’, seppure imbracciando una chitarra elettrica sui palchi di mezzo mondo. Più o meno un anno fa, Ivano Fossati ha dato l’addio alle scene pur senza abbandonare né la musica né altri lati creativi. Per il suo debutto narrativo ha scelto un personaggio che vive di musica e nella musica pur senza mai arrivare al grande successo. Vittorio Vicenti è un chitarrista, un ottimo e onesto mestierante (nel senso buono del termine), uno di quelli che suonano nelle orchestrine degli alberghi e che calcano i palchi di provincia per far ballare la gente. Così, senza troppe pretese, spendendo i soldi che guadagna senza pensare troppo al futuro, accorgendosi spesso troppo tardi di ciò che si è lasciato alle spalle: un padre che rivedrà solo morente, un figlio lasciato bambino e diventato uomo lontano da lui, le donne che contano che a un certo punto scelgono altre strade. Ci sono echi di Cesare Pavese — tra le Langhe la Liguria c’è peraltro da sempre un canale di comunicazione privilegiato — in questo personaggio che è stato giovane negli anni Cinquanta, che ha sfiorato lo Swinging London, che ha scoperto l’America indossando giacche di lustrini, con una divisa non troppo dissimile da quella dei camerieri. E’ un provinciale, Vittorio Vicenti, e fin da ragazzino — quando i suoi confini non andavano oltre lo stradone — ha sognato di andarsene. Ha sperato di fuggire dal paesotto in provincia di Vercelli in cui è nato, ma anche dal destino che lo avrebbe visto lavorare nell’officina del padre e dallo zio. E’ Giulín a dare una svolta alla sua vita: è un musicista di professione, uno che ogni tanto partiva per Torino, per Genova, forse addirittura per Alassio, che i confini del mondo erano quelli. Ed è avvicinandosi alla chitarra di Giulín — la Gibson 335 che dà il titolo al romanzo — che Vittorio dà una svolta alla sua vita. Non cambia più di tanto la sua indole di persona che preferisce restare ai margini a osservare i fatti più salienti. Dai primi scalcinati complessi all’avventura all’estero, in Tretrecinque la voce narrante di Vicenti racconta la sua storia con lucidità e un po’ di ironia, oscillando tra un sentimentalismo malinconico e un pizzico di cinismo. Ci sono evidenti punti di contatto tra la storia del personaggio e la vita di Fossati — il mestiere di musicista, in- nanzi tutto —, ma non c’è affatto au- tobiografismo, e la storia scorre lieve, avvincente anche se qualche sforbiciata avrebbe migliorato l’architettura del romanzo.
Barbara Caffi
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