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L'estetica del nazismo

Leni, la regista amata da Hitler

Artista di innegabile talento, innovatrice nel cinema e nella fotografia

Barbara Caffi

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lromani@laprovinciadicremona.it

02 Ottobre 2013 - 17:13

Leni, la regista amata da Hitler
Riefenstahl, di Lilian Auzas
traduzione di Monica Capuani
pagine 190, euro 18,50, elliot
'Riefenstahl' 
di Lilian Auzas
traduzione di Monica Capuani
elliot pagine 190, € 18,50

Ballerina mancata, attrice ribelle
alle indicazioni dei registi
al punto di decidere di
stare dietro la macchina da
presa, bulimica di vita (e di esperienze
sessuali), affamata di bellezza, ambiziosa
e volitiva, e innegabilmente ricca
di talento.Maanche protetta da Adolf
Hitler, connivente e complice nel definire
attraverso la sua opera un’estetica
del nazismo di cui il regime aveva bisogno.
A Leni Riefenstahl, dieci anni
dopo la sua scomparsa, è dedicato il
saggio/romanzo di Lilian Auzas, scrittore
francese studioso di artisti che
operano sotto regimi totalitari ed
esperto di arte africana. Figura controversa,
Leni era senza dubbio una persona
fuori dall’ordinario, desiderosa
fin da ragazza di affermarsi e di far
emergere la sua personalità. Tanta
consapevolezza di sé si trasformò presto
in un egocentrismo che le impedì
di vedere e di capire ciò che accadeva
attorno a lei, pronta a filtrare la realtà
attraverso l’obiettivo della telecamera
o della macchina fotografica: cieca, come
del resto fu cieca buona parte della
Germania negli anni del nazismo.
Processata nel ’49, Riefenstahl fu riconosciuta
‘Mitlauferin’ (seguace) delle
teorie di Hitler e non ‘Schuldigerin’
(colpevole), e quindi assolta da ogni
accusa, anche se l’ombra dei suoi ambigui
rapporti con il Führer non l’abbandonò
mai. Restò la ‘regista di Hitler’
e tra i suoi film più celebri ci sono
Il trionfo della volontà (1934), sul congresso
del partito nazionalsocialista a
Norimberga, e Olympia, documentario
sui Giochi del ’36 a Berlino. In entrambi
Riefenstahl adotta tecniche innovative:
in Olympia, per esempio, fece
montare sulle gambe dei maratoneti
in allenamento delle minitelecamere,
utilizzando le riprese in fase di
montaggio per esaltare il senso (e la
bellezza) dello sforzo muscolare. Invisa
(anche per gelosia) alle gerarchie
naziste, era l’opposto dell’ideale donna
di regime, forte ma sottomessa all’autorità
maschile. Il libro di Auzas è
scritto in terza persona soggettiva, a indicare
la partecipazione dell’autore alla
vita di Leni. Il libro non scioglie i
dubbi e le ambiguità che circondarono
la regista fino alla fine e lascia emergere
un ritratto complesso e poliedrico.
La tensione narrativa non è sempre
lineare, ma Auzas ha il merito di
incuriosirci su una delle figure che
hanno fatto la storia dell’arte del ’900.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Ballerina mancata, attrice ribellealle indicazioni dei registial punto di decidere distare dietro la macchina dapresa, bulimica di vita (e di esperienze sessuali), affamata di bellezza, ambiziosae volitiva, e innegabilmente riccadi talento.Ma anche protetta da Adolf Hitler, connivente e complice nel definire attraverso la sua opera un’estetica del nazismo di cui il regime aveva bisogno. A Leni Riefenstahl, dieci anni dopo la sua scomparsa, è dedicato il saggio/romanzo di Lilian Auzas, scrittorefrancese studioso di artisti cheoperano sotto regimi totalitari ed esperto di arte africana. Figura controversa, Leni era senza dubbio una personafuori dall’ordinario, desiderosa fin da ragazza di affermarsi e di faremergere la sua personalità. Tanta consapevolezza di sé si trasformò presto in un egocentrismo che le impedì di vedere e di capire ciò che accadeva attorno a lei, pronta a filtrare la realtà attraverso l’obiettivo della telecamerao della macchina fotografica: cieca, comedel resto fu cieca buona parte della Germania negli anni del nazismo.Processata nel ’49, Riefenstahl fu riconosciuta ‘Mitlauferin’ (seguace) delle teorie di Hitler e non ‘Schuldigerin’ (colpevole), e quindi assolta da ogni accusa, anche se l’ombra dei suoi ambigui rapporti con il Führer non l’abbandonò mai. Restò la ‘regista di Hitler’ e tra i suoi film più celebri ci sono Il trionfo della volontà (1934), sul congresso del partito nazionalsocialista a Norimberga, e Olympia, documentario sui Giochi del ’36 a Berlino. In entrambi Riefenstahl adotta tecniche innovative: in Olympia, per esempio, fecemontare sulle gambe dei maratonetiin allenamento delle minitelecamere, utilizzando le riprese in fase dimontaggio per esaltare il senso (e labellezza) dello sforzo muscolare. Invisa (anche per gelosia) alle gerarchie naziste, era l’opposto dell’ideale donnadi regime, forte ma sottomessa all’autorità maschile. Il libro di Auzas èscritto in terza persona soggettiva, a indicarela partecipazione dell’autore allavita di Leni. Il libro non scioglie idubbi e le ambiguità che circondaronola regista fino alla fine e lascia emergere un ritratto complesso e poliedrico.La tensione narrativa non è semprelineare, ma Auzas ha il merito diincuriosirci su una delle figure chehanno fatto la storia dell’arte del ’900.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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