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La tv che non rispetta il dolore

Il saggio di Anna Bisogno racconta il genere nato dopo Vermicino

Gigi Romani

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lromani@laprovinciadicremona.it

12 Agosto 2015 - 14:44

Il saggio di Anna Bisogno racconta il genere nato dopo Vermicino

Anna Bisogno
‘La tv invadente’
Carocci
111 pagine, € 13

Quando la tv t’insegue, nei momenti più intimi, asciugando le tue lacrime, registrando le tue urla, è allora che il confine è crollato e la tv, invadente, diventa tv del dolore. «Trent’anni fa venne sdoganata in Italia la tv del dolore», c’insegna Anna Bisogno, brillante docente di Storia e linguaggi della radio e della televisione a Roma Tre. Quel giorno era il 13 giugno del 1981 e un bambino, Alfredino Rampi, era caduto in un pozzo artesiano da cui non uscì più. Rimase in quel pozzo per le 18 ore di una lunghissima e ininterrotta diretta televisiva, seguita morbosamente da milioni di italiani. Quel fatto è servito, scrive Bisogno, «a sdoganare questo nuovo genere di spettacolo basato sulla sofferenza», poi declinato in numerosissimi programmi di tv «straziata e straziante e poi nei talk del dolore». Il dolore televisivo ha consolidato negli ultimi anni i suoi luoghi di culto: da Cogne a Erba, da Garlasco a Perugia, da Novi Ligure a Avetrana. Teatro di tragedie che hanno dato linfa alla crisi della tv generalista, dove persino lo scambio teatrale dei talk show oramai ha perso completamente il suo appeal. Spettacolo mascherato da informazione, anzi infotainment a basso costo, la tv del dolore è in continua trasformazione, insegue le ansie dello spettatore, restituendole al mittente senza filtri, senza strumenti di analisi, senza armi difensive.

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