L'ANALISI
04 Gennaio 2021 - 07:00
Le grandi epidemie di influenza degli ultimi secoli partirono costantemente dall'Asia o dall'oriente europeo e si propagarono poi nell’Europa occidentale scegliendo le classiche vie delle migrazioni o dei traffici commerciali, od anche qualche caso di propagazione attraverso l'America è pure da attribuirsi ai focolai endemici asiatici. In Italia l'influenza penetrò quasi sempre attraverso le Alpi, e solo qualche volta le epidemie ebbero inizio nell'Italia meridionale o insulare. La loro durata superò raramente un mese o poco più, ma dopo un periodo di decrescenza si registrarono spesso brusche riprese, talvolta più lunghe e più gravi. Non sembra che le correnti epidemiche siano collegate a determinati periodi dell'anno, ed è stato constatato che sulle vie percorse dalla malattia permangono focolai locali generatori, negli anni successivi, di manifestazioni più o meno circoscritte nei periodi di transizione stagionale, che possono riaccendersi anche a causa delle perturbazioni della vita dei popoli, come guerre e carestie.
Attraverso i secoli, l'attacco influenzale presentò sempre analoga sintomatologia: febbre, infiammazione catarrale delle prime vie respiratorie, fenomeni nervosi come cefalea, talvolta intensi dolori reumatici e sintomi gastro-intestinali, seguiti da altri fenomeni a carico dei vari apparati organici. L'infezione può assumere forme gravi, specialmente allorché le persone colpite sono esaurite da altre malattie come, particolarmente, la tubercolosi e la malaria, oppure sono indebolite da insufficiente alimentazione, ed allora insorgono facili complicazioni, tra cui le polmoniti, le broncopolmoniti, gravi disturbi del sistema nervoso centrale.
Com'è noto, l'ultima grande pandemia d'influenza scoppiò alla fine della prima guerra mondiale, quasi simultaneamente in tutti i continenti, e si calcola che il numero di morti raggiunse l'impressionante cifra di 12 milioni, secondo alcuni Autori, di 20 milioni secondo altri: il Paese che diede il più tragico contributo al male fu l'India, con 6 milioni di morti, cioè la metà del numero totale delle vittime fatte dalla grande epidemia di peste durata ben ventidue anni. Non meno grave decorse l'epidemia in Cina, e particolarmente in Manciuria, dove quasi nello stesso tempo infieriva una epidemia di peste polmonare che, su 50.000 colpiti, aveva dato 50.000 morti! Caratteristico fu il decorso dell'influenza in Italia: i primi casi furono segnalati nell'aprile del 1918 ad Assisi, poi a Terni, a La Spezia, Pisa, Bari e a Taranto, ma il decorso clinico non dette eccessive preoccupazioni ed ai primi di giugno l'epidemia sembrava virtualmente terminata. All'inizio di luglio, invece, la influenza si diffuse rapidamente in Calabria, in Sicilia, quindi in tutte le provincie centrali e settentrionali con sempre maggiore violenza e frequenti esiti letali: fu questa la seconda ondata. La parabola discendente incominciò verso la fine di settembre nell’Italia meridionale, mentre in alcune provincie centrali e settentrionali l'epidemia era ancora nella sua fase ascendente. In complesso, la cifra dei decessi si avvicinò molto ai 400.000.
L'eccezionale gravità della pandemia influenzale del 1918 valse ad intensificare le ricerche tendenti a scoprire l'agente patogeno dell’infezione, in un primo tempo attribuita al bacillo di Pfeiffer, dal nome dello scienziato che isolò tale germe in una precedente epidemia, verso la fine dello scorso secolo. Già nel 1894 però era stata formulala l'ipotesi che si trattasse invece di un virus filtrabile, cioè un micro-organismo che passa anche attraverso i filtri più minuti, a causa della sua estrema piccolezza. Nel 1918 questa ipotesi fu ripresa dal Nicolle e da altri e in una relazione presentata da un gruppo di scienziati all'Accademia di Medicina di Parigi si affermava che «l'agente generatore dell'influenza deve essere un elemento vivo molto più sottile dei più piccoli batteri finora noti, estremamente tossico, il cui stato molecolare sembra vicino a quello dei gas e dei vapori, ciò che gli permette di infettare istantaneamente l'organismo per vie respiratorie: questo agente invisibile sarebbe come una specie di vapore animato».
Successive ricerche confermarono questa teoria ed almeno due specie di virus sono ora isolati e denominati A e B.
Negli Stati Uniti sono stati ultimamente approntati vaccini preventivi e curativi contro l'influenza, ma tali preparati, a molti studiosi, non sembrano tuttavia aver raggiunto il grado di perfezione e quindi di efficacia dei vaccini usati contro altre malattie infettive, e ciò si spiega con le innumerevoli difficoltà tecniche e con la insufficiente conoscenza del virus o dei virus influenzali. Nella cura dell'infezione influenzale la massima attenzione deve essere rivolta non tanto a combattere il virus, una volta che questi è penetrato nell'organismo, ma bensì a preservare l'ammalato contro l'azione patogena di numerosi altri batteri perfettamente individuabili e contro i quali abbiamo mezzi di difesa di provata efficacia, evitando così che il decorso clinico della influenza venga complicato ed aggravato da manifestazioni polmonari, gastro-intestinali, nervose, e di altri apparati: sono queste complicazioni che assumono, talvolta, nell'influenza, carattere di estrema gravità.
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