L'ANALISI
16 giugno 1959
16 Giugno 2020 - 07:00
Il centenario della liberazione della Lombardia è stato celebrato con una serie di manifestazioni che si è conclusa alla sera al teatro Ponchielli ove, di fronte ad una sala gremita, la compagnia della Filodrammatica cremonese, diretta da Adriano Vercelli, ha offerto una esemplare quanto interessante rappresentazione di «Romanticismo» di Rovetta.
La città appariva in festa. Le vie principali, i corsi, erano stati imbandierati a cura del Comune con vessilli fissati ai supporti delle linee filoviarie, gli uffici pubblici avevano, su invito dei Sindaco, esposto la bandiera tricolore e in alcuni punti del centro sono apparse anche le bandiere francesi a testimonianza del contributo di sangue e di valore dei soldati d’Oltralpe per la causa dell'unificazione italiana. Addobbi floreali, costituiti da strisce di garofani rossi e bianchi, sono stati fatti sotto i portici del Comune alle lapidi dei caduti per le guerre dell’Indipendenza e degli eroi cremonesi.
Le celebrazioni del centenario sono state aperte dal Sindaco, rag. Feraboli, che, brevissimamente, ha puntualizzato il contributo della città di Cremona ai fasti risorgimentali del '59, testimonianza ancora viva di una collaborazione materiale e morale per l’Unità italiana. Cedeva poi la parola al prof. Fresco:
«Il 1859 fu, per l’Italia e per l'Europa, un anno di dubbi, di travagli e di decisioni supreme. Per i tentativi di composizione tra nuove forze politiche, per la difesa di interessi dinastici, per la ricerca di equilibrio nel gioco delle potenze militari e nel contrasto delle correnti economiche e sociali, per le indagini volte a trovare formule risolutive alla lotta tra conservazione e rinnovamento, il 1859 fu l'anno della diplomazia. Tra le cancellerie dì Francia, Austria, Prussia, Inghilterra e Russia si fanno luce l'azione diplomatica del Regno Sardo: l'iniziativa geniale e coraggiosa di Cavour. Ma oltre Plombières, Villafranca e Zurigo, oltre Montebello e Palestro, Magenta e Melegnano, Solferino e San Martino, oltre i trattati e le guerre che condussero nel breve periodo di un biennio, dal 1859 ai 1861, l'Italia alla sua unità nazionale, va considerata, nel suo splendore, la rivoluzione italiana, il moto democratico che rese possibile la formazione della coscienza, unitaria nazionale ed il primo risultato mirabile: il 1859.
[...]Nel 1859 vi furono città, e paesi della Lombardia che ebbero la felice sorte di vedere passare dalle loro contrade gli eserciti dei Vincitori, ma non fu meno importante l'opera svolta da quelle città che, vicine ai servizi logistici del nemico, operarono, tra enormi pericoli, per portare il loro aiuto ai liberatori: informatori e guastatori operarono con la stessa abnegazione e con lo stesso entusiasmo dei volontari che, alla spicciolata, partivano per raggiungere Garibaldi a Varese e a Como.
Dal primo piano del grande quadro del '59 balzano in tutta luce le figure di Cavour, di Vittorio Emanuele II, di Napoleone III, ma il movimento e l'espressione dell'insieme della vasta tela emerge dall'ombra dalla quale Mazzini mostra a Garibaldi la meta, e i contrasti s'attenuano nella prospettiva.
Così lo storico cerca d'interpretare il significato di pensieri e di azioni di personalità discordi e trova il filo conduttore e il nesso logico degli avvenimenti non pure negli atti ufficiali delle Cancellerie e negli scritti dei maggiori personaggi che il tempo e la fama chiama interpreti della storia ma anche nelle pagine, del diario del volontario Enrico Crema.
Il combattente di S. Martino, ascoltò le voci che lo esortavano alla moderazione indicandogli i rischi dell’«avventura» e la più sicura sistemazione nella Guardia di Pubblica Sicurezza. Quelle voci tuttavia non potevano trattenerlo.
[...]Dal giugno 1859 al maggio 1860, emerge l'attività intensa del «Comitato cremonese per l'emigrazione»; il volontario Enrico Crema, trova nel Comitato i compagni che possono appagare il suo sogno e, a Genova, con i mille di Garibaldi ritrova il suo posto.
[...]Nella commozione popolare del giugno 1859, tra i sentimenti di gioia, di riconoscenza e di dedizione per la liberazione della Lombardia, per il contributo e il sacrificio del popolo alleato, per l'annessione al Regno Sardo, va riconosciuto il risultato di una continuità d'azione che iniziatasi nell'aprile del '59 non si arresta con gli ultimi giorni di quel glorioso giugno, ma persegue con determinata tenacia un traguardo ideale».
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