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11 aprile 1970

Notte di banditismo a Cremona

Razziati preziosi, argenteria e denaro per dieci milioni e mezzo

Annalisa Araldi

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aaraldi@publia.it

11 Aprile 2020 - 07:00

Notte di banditismo a Cremona

Giunti a bordo di una Alfa «1750» targata Milano, quattro individui mascherati e armati di mitra hanno svaligiato l'oreficeria Brugnelli - Breve conflitto a fuoco con un metronotte e il custode di una Banca - Vano inseguimento della Polizia

Cremona terra di conquista per i malviventi? Parrebbe, a giudicare dall'operazione banditesca effettuata la notte scorsa da quattro individui mascherati che hanno svaligiato la gioielleria Brugnelli di via Verdi, riuscendo ad arraffare argenteria (appena arrivata da Londra) ed una manciata di orologi per un valore che si aggira sui dieci milioni di lire.

Ma il fatto più grave rimane il conflitto a fuoco che due dei quattro banditi hanno ingaggiato con una guardia notturna e con il custode della Banca nazionale del Lavoro. Solo per un caso non ci sono state vittime.

Già il 24 marzo alcuni banditi avevano tentato una «spaccata» ai danni della gioielleria Ottorino Brugnelli. I malviventi avevano desistito dal colpo per due motivi: perchè il cristallo aveva resistito e perchè il custode notturno della Banca Nazionale del Lavoro, Angelo Leva, aveva dato l'allarme.
Non è improbabile che chi ha operato la notte scorsa con tanta freddezza e determinazione siano le stesse persone che agirono il 24 marzo.

Ma ecco la cronaca dell'impresa banditesca. Mancavano dieci minuti alle cinque. Pochi e frettolosi i passanti, per lo più diretti alla stazione ferroviaria o a compiere servizi di pulizia negli uffici. Sotto la Galleria XXV Aprile era giunto da poco il vigile notturno Mario Mazzini; egli notava una Giulia «1750» targata Milano con quattro persone a bordo uscire da via Cavallotti imboccare via Verdi. L'auto proseguiva lentamente verso piazza Cavour. Giunta all'altezza di via Boldori invertiva la rotta e, sempre lentissimamente, ritornava in via Verdi fermandosi davanti alla gioielleria Brugnelli.

La guardia notturna, appostatasi dietro una colonna della Galleria, vedeva scendere dalla veloce vettura quattro persone: due con il volto coperto con un fazzoletto, le altre con un berretto in testa. Dei due uomini mascherati, che imbracciavano i mitra, uno si poneva all'altezza dell'entrata dell'UPIM, l'altro, attraversava la via, all'angolo delle Poste. Gli altri due compari, con un piccone, iniziavano lo smantellamento della saracinesca a maglie della gioielleria. Con un lavoro indubbiamente eseguito a regola d'arte, i due banditi facevano saltare le maglie all'altezza della fascia che appoggia sulla base quindi, sollevata la saracinesca, con una violentissima picconata all'altezza della serratura riuscivano anche ad aprire la porta d'ingresso il cui vetro di cristallo andava in frantumi. Il lavoro sarà durato due o tre minuti.

Il vigile notturno nel frattempo aveva fermato una donna che si stava recando nella vicina banca per fare le pulizie pregandola di telefonare subito in Questura poiché si stava compiendo un furto. La donna, pur terrorizzata per quanto aveva visto e udito, raggiungeva la banca.

Interveniva a questo punto anche il custode notturno dell'Istituto di Credito, Mario Mazzini in attesa dello arrivo della polizia (certo non poteva affrontare i due banditi armati di mitra) sparava un colpo in alto a scopo intimidatorio, ma senza apprezzabili risultati.

I due banditi intanto erano entrati nella gioielleria e stavano evidentemente riempiendo i sacchi con la argenteria.

Dopo il primo colpo di pistola il metronotte ne sparava altri due, poi 3 contro la vettura dei banditi colpendo un fanale.
A questo punto i due che imbracciavano il mitra si spazientivano e rispondevano al fuoco con una raffica (una decina di colpi).
Pare che qualche colpo sia finito contro la colonna della Galleria dietro la quale era il metronotte.
Anche il custode della Banca nazionale del Lavoro sparava in alto alcuni colpi di rivoltella.
I banditi però, per nulla impressionati portavano a compimento il colpo. Risaliti in auto, raggiungevano in retromarcia via Capitano del Popolo e successivamente imboccavano corso Vittorio Emanuele. Proprio mentre la «1750» dei banditi stava imboccando il corso arrivava, da via Boldori, la «Giulietta» della «squadra volante» di P. S.

La vettura delle forze dell'ordine (a proposito: non è ora che si diano in dotazione alla polizia automobili più efficienti?) stava girando verso via Verdi nell'intento di sorprendere i banditi all'opera. Senonchè scorta la vettura dei malviventi, l'autista compiva un'immediata inversione di marcia ponendosi all'inseguimento.

È inutile dire che l'Alfa «1750» dei banditi è molto più veloce della vecchia e antiquata «Giulietta  della polizia. Così, malgrado gli sforzi dell'ottimo autista della questura, l'inseguimento si riduceva a un nulla di fatto (cosa ovvia, del resto).

L'auto dei banditi si allontanava sempre più. Ciononostante la vettura della polizia insisteva nell'inseguimento sino a Monticelli d'Ongina. Fra l'altro l'auto dei banditi viaggiava con un faro rotto dalla rivoltellata sparata dal metronotte Mazzini, ma ciò non era certo sufficiente perchè ne fosse rallentata la fuga.

Inoltre una «Gazzella» dei carabinieri ha incrociato la vettura dei banditi, sul viale Po, che filava ad almeno 150 chilometri orari. I militi hanno visto sfrecciare l'automobile; poco dopo hanno scorto quella della polizia: a questo punto hanno tentato anche loro l'inseguimento, ma il vantaggio degli inseguiti era ormai incolmabile.

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