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21 Dicembre 1948

Incubo sull'Emilia. La guerra agraria

Annalisa Araldi

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aaraldi@publia.it

21 Dicembre 2019 - 07:00

Incubo sull'Emilia. La guerra agraria

RAVENNA, dic. — Qualcuno ha portato sul tappeto la «questione agraria» o la guerra agraria, a giustificazione parziale, (giustificazione impossibile, assurda, poiché non esistono giustificazioni in argomento) della violenza imperante oggi in Emilia.

Dicono, queste voci, che i proprietari non intendono cedere; che il bracciantato è conciato malissimo; che le condizioni dei contadini erano e sono pessime; insopportabili come insopportabili sono ancora i privilegi dei «padroni».

La spiegazione, a proposito del sangue abbondantemente versato ad irrorare la terra emiliana, non regge. Se vi può essere una parte di vero, questa minima parte non  basta a determinare ed inquadrare la situazione nella sua essenza. Le spiegazioni (e non e la spiegazione), sono diverse e molteplici; e le ragioni si chiamano, fra l'altro: armi in possesso di tutti; rancori vecchi e nuovi; istigazione e degenerazione morale; follia criminale di determinati elementi di sinistra; impotenza della legge in taluni casi e delinquenza comune travestita con colori politici.

Oggi quelle armi che vennero imbracciate durante la guerra civile, e sono moltissime (lo dimostrano i rastrellamenti compiuti recentemente dai carabinieri),  vengono rivolte contro coloro che, a giudizio di singoli elementi incontrollabili, o di gruppi purtroppo diretti da ben precise disposizioni di partito, sono indicati od accusati come «ricchi», come «proprietari», come «reazionari». Il tutto complicato da intricati e non facilmente identificabili interessi locali e non locali.

Ed allora il «mitra», il fucile, la bomba a mano funzionano. I cadaveri ai margini delle strade, i morti sul terreno coltivato, le famiglie soppresse nelle case, gli attentati, riusciti o meno, il sequestro di persona, le sparizioni ed il terrore diffuso in Emilia ed in Romagna, stanno a testimoniare ogni giorno che una lotta fratricida, inutile e maledetta, ha avuto inizio e continua. E, quel ch'è peccato, sono gli innocenti che cadono; i non colpevoli che muoiono; coloro che non hanno altro motivo per essere designati come capri espiatori se non quello di possedere e dirigere un'azienda agricola, di mantenere da anni una terra feconda e ricca, d'essere per l'ordine e la legalità; scoperti ed indifesi.

«Nemici del popolo» perché non militanti in una organizzazione di partito estremista e violenta. Chi agisce dunque in Romagna e in Emilia? Cosa c'è sotto queste morti, queste aggressioni, questo diffondersi e perpetuarsi del terrore? A questi interrogativi è nello stesso tempo facile e difficile, rispondere. Facile stabilire la colpevolezza diretta; difficile spazzare o quanto meno neutralizzare i mandanti, i responsabili lontani, i predicatori di sangue e di violenza. Accanto ai banditi comuni sono gli organizzati, i sicari che da banditi agiscono. Accanto alla spinta omicida, derivata dall'odio di parte e dal sentimento di vendetta, vi è quella di oscuri e particolarissimi interessi. Ogni cosa si accavalla si intrica, si disperde, si intorbida e si confonde, tanto dal non permettere una chiara visione dei perché di un destino di sangue che macchia una delle più belle e generose regioni d'Italia.

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