L'ANALISI
26 novembre 1961
26 Novembre 2018 - 07:00
La mattina del 18 marzo 1848 giunse a Cremona la notizia della sollevazione di Milano. Subito molti cittadini si dimostrarono entusiasti nel conoscere tale annuncio. Incominciarono ai apparire le coccarde e le bandiere tricolori. Schiere di giovani ferventi già si preparavano agli eventuali cimenti e un novello fremito sembrò scuotere la vecchia città turrita. I patrioti cremonesi finalmente erano liberi a dar sfogo ai loro sentimenti, tanto più che fu facile togliere il potere della città all'austriaco, il cui presidio era poco numeroso e sgomento per le notizie giunte da Milano. I patrioti cremonesi accorsero quindi ad acclamare quei cittadini che dalla prepotenza austriaca erano rimasti vittime per tanto tempo. Tra questi, il primo ad essere ricordato fu il più perseguitato ed il più glorioso: il settantenne colonnello Giuseppe Sacchini.
Il valoroso campione di quella Legione Italica che aveva seguito Napoleone, con il pensiero primo di liberare l'Italia, il veterano glorioso di tutte le battaglie allora combattute, il prode amico di Gioacchino Murat, il patriota a tutta prova, che al ritorno dell'Austria non s'era voluto piegare e che aveva subito sacrifici, umiliazioni, pene, confische. Egli veniva portato in trionfo dai suoi concittadini, che in lui riconoscevano li capo predestinato del movimento patriottico cremonese.
Il giorno 21 marzo 1848 si procedette alla costituzione del Governo Provvisorio e del Comitato di guerra per acclamazione di popolo
Il 17 aprile del 1848 il Governo Provvisorio di Cremona cessò di funzionare e fu nominato Podestà Pietro Araldi Erizzo. Tale nomina era dovuta ai tanti contrasti esistenti fra gli stessi membri del Governo Provvisorio. In mezzo a tali bufere, chi rimase al suo posto, amato ed ammirato da tutti, fu il Sacchini, al quale anche il nuovo Podestà tributò il suo omaggio di devozione.
Il Governo Provvisorio, prima di lasciare il potere, con gesto nobilissimo, volle dare al Sacchini indubbia dimostrazione di ammirazione e di riconoscenza, inviandogli due significative lettere.
E' impossibile riassumere tutta l’azione svolta da Giuseppe Sacchini e dai suoi principali collaboratori, riferire i tanti contrasti verificatisi in Cremona in quel periodo e seguire i movimenti dell’esercito del sempre titubante Carlo Alberto. Così non e possibile riportare i tanti Bollettini diramati dal Comitato di guerra diretto dal Sacchini. Dopo le vittorie di Goito e di Peschiera dei maggio 1848 il Sacchini e i molti collaboratori, decisero di organizzare una nuova colonna di volontari, nonostante tanti fossero partiti alle spicciolata verso il campo di battaglia di Carlo Alberto. L'incarico venne dato a Gaetano Tibaldi. Tale schiera, non troppo numerosa, parti il 13 luglio alla volta dei campi di battaglia.
Ai volontari partenti il Sacchini dal Palazzo nazionale Ponzoni, sede del Comitato di Guerra, dette il suo caloroso saluto e ad essi commise un pensiero per il diletto suo figlio Filippo Sacchini, che da vario tempo si era arruolato nell'esercito piemontese guadagnandosi sul Campo le spalline di sottotenente.
Il generale Sacchini aveva seguito successivamente Carlo Alberto in Piemonte lasciando la consorte Caterina Modesta Visconti di non comuni virtù ed il figlio Antonio ancor giovanissimo
Carlo Alberto, per la riorganizzazione dell'esercito nominò il Sacchini Comandante il Deposito Ufficiali di Moncalvo, presso Casal Monferrato. Intanto l'Austria cercava con ogni mezzo di far rientrare gli esuli nelle loro terre. Si minacciava la confisca dei beni. Già gli austriaci avevano effettuate senza alcun riguardo, persequisiziom nella casa Sacchini e minacciato la consorte del nostro patriota. Il 27 dicembre 1848 uscì il bando austriaco, con il quale si sanciva la confisca dei beni per tutti gli esuli. Molti di questi ritornarono ma il Sacchini non si mosse. Purtroppo ormai la robusta quercia, dopo più di settanta anni di vita intensamente vissuto in una continua aureola di sacrificio e di gloria, nonostante il grande cuore del meraviglioso soldato ancora fortemente pulsasse per la sua amata Italia, dopo tante eroiche venture, doveva abbattersi per sempre.
Non sui Campi di battaglia, ov’egli era passato da eroe, ma in esilio, lontano dalla sua Cremona, dalla buona e diletta Consorte e dai suoi figli
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