L'ANALISI
28 Maggio 2018 - 07:00
Dunque, sono in vista dei grandi lavori. Abbatteranno (ma non subito, purtroppo) il vecchio macello, il vecchio frigorifero, il vetusto mercato bestiame, l'irrazionale mercato all'ingrosso della frutta e della verdura, e tutto quel complesso sarà ricostruito, secondo intendimenti moderni, in una vasta area che il Consiglio Comunale ha deciso di acquistare in via Mantova, al di l della fornace Lucchini.
Anticamente, ogni macellaio provvedeva alla mattazione dei capi di bestiame nel proprio negozio; ma, ad un certo momento, la cosa non dovette apparire troppo comoda che i negozianti pensarono di costruirsi a proprie spese un locale comune per la macellazione. E se lo costruirono in via Beccherie Vecchie (ora Solferino) che probabilmente deve la sua denominazione al rilevante numero di macellerie che vi funzionavano.
Ma nel 1519 quel vecchio macello venne demolito e soltanto al principio del 1600 ne costruiscono un altro, proprio sull'area ove sorge la Banca Popolare. La scelta era buona: nel sottosuolo scorre la Cremonella. quindi gli scoli erano assicurati. Questo macello, fu usato sino all'epoca della Rivoluzione francese, poi venne abbattuto. E si deve giungere al 1816 per trovare questa volta non pi uno ma due macelli nella nostra città: il primo, architettato dal Voghera e che doveva servire per la mattazione dei bovini, sul piazzale di Porta Po; l'altro per cavalli, pecore, ecc., nei pressi della Chiesa di S. Omobono, che venne poi soppresso nel 1960 e trasferito, almeno per quanto riguarda i cavalli, nel 1872 in una casa privata in via Giuseppina. Il macello del Voghera - che, stando almeno ai disegni ancora conservati, aveva una facciata elegante - insufficiente ormai ai bisogni, venne riformato nel 1889 e completato nel 1893. Da allora, ben poco stato fatto per adeguarlo alle esigenze igieniche.
Secondo le antiche cronache, il mercato degli animali da macello si svolgeva a Porta Mosa, nei pressi dell'antica porta della quale oggi non rimane traccia. Pi tardi, e sino al 1821, le contrattazioni dei bovini e degli equini si tennero sui bastioni interni della città, specialmente su quelli presso porta Venezia; e nell'ex Passeggio, vi era una viuzza, distrutta in seguito all'abbattimento delle antiche mura, che si denominava appunto "Via Mercato Boario".
Col volgere degli anni e con l'intensificarsi dei traffici, si sent il bisogno di sistemare un luogo destinato alla sosta degli animali in vendita e si cominci la costruzione dell'attuale mercato a porta Venezia, colmando poco a poco una vasta bassura che trovavasi a monte della provinciale mantovana. Queste opere di colmata, vennero eseguite in varie riprese, specialmente per far fronte alle necessità dei manovali disoccupati, negli anni 1872, 1873, 1880 e 1890. Molta parte della terra occorrente a quel rialzo, venne tolta dal baluardo di San Michele, costruito nell'età di mezzo per la protezione e la difesa della città dalle invasioni nemiche. Contemporaneamente, vennero piantati i filari di piante, vennero predisposti gli abbeveratoi e, man mano nel corso degli anni, vennero costruiti, quando se ne presentava la necessità, le stalle, i capannoni, gli uffici.
Lo stabilimento per la fabbricazione del ghiaccio (che viene venduto dal Comune agli enti e ai privati che ne abbisognano) e del freddo (che viene acquistato dai macellai che hanno affittato celle frigorifere vicino al macello) risale al 1912. Prima di allora, chi voleva ghiaccio, doveva avere la previdenza di comperarselo d'inverno e di metterselo in serbo nelle ghiacciaie, che erano profondi sotterranei, dai muri molto spessi, costruiti nelle case patrizie per uso dei proprietari o sotto i negozi per gli usi del commercio. All'inverno, vi erano degli uomini che giravano per le campagne, raccoglievano il ghiaccio che si formava nel fossati, lo trasportavano in città su dei carretti e lo vendevano ai loro clienti abituali. Figuriamoci quanti pericoli per la salute poteva costituire quel ghiaccio... Che se poi le grandi gelate non si verificavano, gli interessati si accontentavano di immagazzinare nelle ghiacciaie della neve. Avvenne, anzi, una volta, che non essendo nevicato a Cremona, alcuni macellai si fecero arrivare da Crema, ove era nevicato abbondantemente, due o tre carri ferroviari carichi di neve. Quei carri erano appena giunti, che cominci a nevicare anche qui. Quei tali, allora, che avevano ordinato il viaggio in porto assegnato, non si presentarono per il ritiro. Il capo gestore insistette perchè gli interessati si presentassero par ritirare la loro strana merce; essi fecero orecchio da mercante sin quasi a primavera. Il tepore fece sciogliere la neve e la ferrovia, non essendo pi in grado di riconsegnare quanto le era stato consegnato, preferì non insistere.
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