L'ANALISI
8 gennaio 1983
08 Gennaio 2020 - 07:00
Il crescente interesse che da tempo va suscitando la riscoperta dell'arte tipografica, intesa come elemento stimolatore di valori culturali, etici, storici e di costume, trova sempre maggior conferma negli studi e nelle ricerche che in ogni parte del mondo si stanno effettuando con risultati ricchi di risvolti estremamente gratificanti.
A questo fenomeno assai complesso, denso di preziosi contributi, non è estranea la nostra città che sempre più va rivalutando quel ruolo preminente che in passato aveva saputo interpretare nell'ambito dell'arte della stampa, delineandone in tal modo forme e contenuti di particolare suggestione.
Nel quadro di queste ricerche, volte soprattutto a dare spessore e rilievo alla figura di uno stampatore cremonese attivo verso la metà del XVI secolo — alludiamo a Vincenzo Conti che fra il 1555 ed il 1569, nella tipografia posta nel palazzo comunale della nostra città, dà alle stampe un eccezionale numero di opere in latino, in volgare ed in ebraico — abbiamo avuto il privilegio di poter esaminare accuratamente un'opera di straordinario interesse e di notevolissimo valore intrinseco custodita e catalogata presso la sezione dei libri rari della Biblioteca di Stato di Cremona.
Dopo aver decifrato la data iniziale dell'edizione, corrispondente al dicembre 1546 — e non 1547 come riportato dai più accreditati cataloghi inglesi e americani — abbiamo dovuto constatare la prima sorpresa: l'opera, una stupenda Bibbia in «folio», composta da quattro libri elegantemente legati in due volumi, non era stata stampata da Vincenzo Conti a Cremona, bensì a Venezia da uno dei massimi stampatori di tutti i tempi e cioè da Daniel Bomberg.
Seconda sorpresa: quest’opera prestigiosa recava nel «colofon» dell'ultimo volume un'annotazione stilata di pugno da Vittorio Eliano, censore dell'Inquisizione della nostra città e, curiosa coincidenza, supervisore e «correttore» di molte opere ebraiche realizzate dal Conti.
Per di più, applicati «a posteriori», due minuscoli «ex-libris», uno a stampa e l'altro manoscritto, a conferma dell'appartenenza della Bibbia stessa alla biblioteca del convento di S. Domenico la cui chiesa verrà abbattuta verso il 1870 per far posto ai giardini pubblici di piazza Roma, come tuttora ricorda un'iscrizione posta su un elaborato cippo marmoreo collocato nel 1878 nei giardini stessi, che così afferma: "Dove furono convento e tempio della Inquisizione domenicana volle amenità di piante e fiori il municipale consiglio». Iscrizione, com'è noto, dettata da Stefano Bissolati (1823-1898), figura emblematica delle tormentate scelte del tempo in cui visse ed operò che lo porteranno, svestito l'abito talare, ad assumere l'incarico di attivissimo direttore della Biblioteca cittadina, senza dimenticare che fu padre di Leonida, «cavaliere dell'ideale socialista» e ministro durante la 1° guerra mondiale.
E così, confermati validi elementi di studio e di indagine, possiamo ora con assoluta certezza codificare l'opera, inserendola agevolmente nel tessuto vivo della nostra città che verso la metà del '500 era particolarmente ricca di fermenti, di lacerazioni e di contrasti, legati soprattutto alle inflessibili misure repressive messe in atto dall'inquisitore straordinario Sisto da Siena inviato a Cremona nella primavera del 1559, vale a dire in pieno fervore editoriale della tipografia ebraica del Conti. Inquisitore particolarmente intransigente, ma dal «curriculum vitae» piuttosto avventuroso e sconcertante: ebreo, apostata, accusato di stregoneria e poi riabilitato ed infine zelantissimo gesuita.
In questo contesto infuocato la Bibbia del Bomberg riflette pienamente le contraddizioni dei tempi, in quanto molti passi biblici appaiono vistosamente censurati dall'Eliano mediante obliterazioni con acido bluastro, a riprova delle scelte manichee del clima inquisitorio, fedelmente interpretato da questo ebreo convertito nipote del celebre grammatico Elia Levita Ashkenasi, collaboratore del Bomberg, e fratello maggiore di Salomon Romano, corresponsabile del rogo dei libri talmudici messo in atto a Roma in Campo dei Fiori nel 1553.
Particolarmente interessanti, a questo proposito, la figura e la personalità del censore Vittorio Eliano, attivo a Cremona dal 1558, attivo a Venezia dal 1564 e successivamente a Roma con la moglie Giustiniana de' Rubeis ed il figlio Cesare, pure editore-stampatore, che verrà coinvolto in ambigue vicende per le quali verrà incarcerato.
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