L'ANALISI
27 Ottobre 2024 - 05:25
Acquistano bottiglie di alcolici o super alcolici, ne ingollano in tutta fretta il contenuto e, in preda alla conseguente e inevitabile euforia, usano il vuoto come arma da dare in testa a chi... non gli va, per dirla parafrasando ‘Datemi un martello’, la ben nota canzone portata al successo da Rita Pavone nei primi anni Sessanta. Dove chi non gli va può significare anche semplicemente un passante che si permetta di fare un appunto a un comportamento inappropriato o che guarda stupito quanto accade.
Insomma niente di particolarmente provocatorio, ma che risulta indigesto a chi non è lucido come dovrebbe. Non è la scena di un film pulp, ma quanto abbiamo dovuto registrare negli ultimi tempi. Tre volte in pochi giorni nel solo capoluogo, per la precisione. L’ultima l’altra sera in via Dante, a ridosso della stazione ferroviaria, ennesima rissa di una raffica senza precedenti di episodi violenti in città. Una stagione di allarme sociale derivata dall’acuirsi della criticità sul fronte della sicurezza. Niente a che vedere con la criminalità più o meno organizzata, episodi isolati, certo, ma non per questo meno preoccupanti. Tanto si susseguono tavoli sulla sicurezza convocati a Cremona, così come in provincia, dal prefetto Antonio Giannelli, uno dei quali è culminato con la sottoscrizione di un ‘Patto per la sicurezza’ con il Comune di Crema. In generale, è stato deciso un piano di intervento che prevede aumenti dei controlli nelle zone più calde, aumento della videosorveglianza e altre iniziative volte a tranquillizzare la cittadinanza delle quali si avrà evidenza al momento della ‘messa a terra’. Inutile però illudersi che il problema sia solo di ordine pubblico e che riguardi esclusivamente le istituzioni.
Perché gli interventi siano davvero efficaci, è necessaria la chiara consapevolezza che è necessaria un’analisi dei micro comportamenti dell’intero corpo sociale che possono favorire questo clima di insubordinazione alle regole del vivere civile. Uno dei fronti principali è certamente quello dell’eccesso di consumo di alcolici che si registra tra i giovani e che riguarda tanto gli immigrati che gli autoctoni. Come ha sinteticamente ma efficacemente ricordato su questo giornale Matteo Giorgi Pierfranceschi, direttore della Uoc di Medicina generale dell’Asst Cremona, «l’alcol va inquadrato come una droga ed è la più diffusa al mondo e la più utilizzata in Europa. Questa sostanza produce effetti a livello del sistema nervoso centrale che vanno a intaccare l’equilibrio dei neuro trasmettitori che alterati danno effetti di euforia e disinibizione nella prima fase per poi passare a una fase di incoordinazione, rallentamento della reattività del soggetto sino ad arrivare a una compromissione neurologica che può giungere al coma».
Inoltre, l’assunzione di alcol abbassa il livello di inibizione del cervello e, nel particolare, influisce sulla corteccia prefrontale, quella deputata a mitigare i comportamenti aggressivi. In sintesi, la scienza dice chiaramente che il consumo, anche moderato, induce più facilmente comportamenti aggressivi e violenti. In particolare, l’Istituto Superiore di Sanità ci ricorda che l'alcol è la causa predominante nei casi di violenza di genere. Senza fare della sociologia da strapazzo, si può pertanto concludere che l’aumento di episodi violenti nelle nostre contrade è figlio anche dell’abuso di alcol. In chi ne consuma manca totalmente la consapevolezza di questa tragica verità.
La conferma è venuta dal ‘pattuglione’ della Polizia di Stato nella notte tra venerdì e ieri: i controlli su 60 automobilisti hanno portato al ritiro di otto patenti per guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti. Sanzionato il 13 per cento dei controllati: preoccupante. Un comportamento pericoloso per sé e per gli altri. Un fenomeno che non risparmia neppure i giovanissimi.
Quante volte abbiamo dovuto rendere conto di ragazzini tra i 12 e i 15 anni finiti al Pronto soccorso per intossicazione etilica? Troppe. E qui si apre lo spazio per altro genere di considerazioni. Come è possibile che tutto ciò accada? Nel recente passato è uscita la notizia di un bar di Crema chiuso per aver somministrato e venduto super alcolici perfino a 13enni. Ma è accaduto anche nei paesi della provincia e nel comune capoluogo. La nostra cronaca dei controlli dell’altra notte terminava così: «Sull’alcol che scorre a fiumi, i pubblici esercenti rispettosi delle regole puntano il dito su chi le regole non le rispetta, vendendo anche ai minorenni pur di fare cassetto. ‘Gira e rigira, si tratta sempre degli stessi posti. E allora, cosa si aspetta a prendere provvedimenti?’, rilanciano commercianti e residenti del centro di Cremona».
Un malcostume sempre più intollerabile, con il vizio di pochi che accende una luce sinistra sull’attività dei molti. Una degenerazione che non è più davvero il caso di sottovalutare, anche perché sono sotto gli occhi di tutti i tetri attori di questa situazione. Vanno fermati. Le regole di esercizio ci sono, e son chiare, anche se potrebbero essere più stringenti. Vanno comunque applicate senza tentennamenti e fino in fondo. Riepiloghiamole brevemente.
A differenza della maggior parte degli altri Paesi europei, in Italia non è reato vendere alcolici a minorenni, cioè a persone che non hanno ancora compiuto i diciotto anni. Lo è solo il somministrarle a minori di sedici anni. Se il minore ha 16 o 17 anni non si compie reato ma un semplice illecito amministrativo (e qui sarebbe opportuna una stretta).
Il Codice penale punisce con l’arresto fino a un anno l’esercente di un esercizio commerciale (bar, pub, pizzeria ma anche centri commerciali) che vende o somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcoliche a un minore degli anni sedici, o a persona che appaia affetta da malattia di mente, o che si trovi in evidenti condizioni di deficienza psichica a causa di un’altra infermità, ubriachezza compresa. Qualora il fatto venga commesso più di una volta, si aggiunge la sanzione amministrativa pecuniaria nell’importo che va dai 1.000 ai 25.000 euro e la sospensione dell’attività per tre mesi.
È essere forcaioli invocare la tolleranza zero a forze dell’ordine e amministrazioni locali? Anche ai genitori, sia chiaro: se il ragazzino ti torna a casa ubriaco non puoi non accorgertene. Un compito non impossibile: i soliti noti che spacciano alcol ai ragazzini sono ben conosciuti da forze dell’ordine e sindaci, che hanno tutti gli strumenti amministrativi per poter intervenire efficacemente. Ne va non solo del futuro dei nostri ragazzi ma anche, come dimostrano i fatti recenti, dell’incolumità dei cittadini. E perché, come scrisse William Shakespeare, «Il vino (oggi dovremmo dire l’alcol) suscita il desiderio, ma ne impedisce l’attuazione». Che gusto c’è a vivere così?
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