L'ANALISI
20 Ottobre 2024 - 05:00
Aggressioni brutali in piazza Roma a Cremona, notti senza pace a Crema, risse, vandalismi, maleducazione e inciviltà in più d’uno dei paesi della provincia. Negli ultimi sette giorni, abbiamo dovuto registrare una lunga teoria di episodi, a volte chiaramente criminali, in altri occasioni di puro e violento rifiuto delle regole del vivere comune. Fatti e misfatti che inducono un sentimento di insicurezza nella popolazione. «Ho paura ad attraversare il centro città di sera», «Non mi sento più sicuro a casa mia» sono considerazioni che i nostri lettori ci fanno pervenire attraverso lettere e telefonate in redazione.
Nel mirino — inutile girarci intorno — ci sono gruppi di giovani figli di immigrati, soprattutto nordafricani e ragazzi provenienti dall’est europeo, a volte indiani. Lasciati troppo spesso ai margini e abbandonati a loro stessi (va riconosciuto anche questo), si riuniscono in gruppi e vivono secondo regole proprie, che non coincidono con quelle della serena e civile convivenza. Non le accettano e anzi tendono provocatoriamente a sfidarle. Il problema, non va nascosto, esiste e genera nella collettività un sentimento negativo verso l’intera umanità di chi ha cercato in Italia un seconda occasione di vita e di benessere.
Un mondo per lo più composto da persone perbene, che lavorano e vogliono costruirsi un futuro. E sono proprio costoro, alla fine, a pagare il prezzo più alto di tale situazione in termini di pregiudizi e discriminazioni. Un approccio spesso cavalcato dalla politica, che lo strumentalizza a fini elettorali e di propaganda, contribuendo a generare un senso di emergenza che, dati alla mano, non esiste. Tutt’al più possiamo parlare di ‘evidenza’ del problema. E dobbiamo lavorare tutti quanti perché, appunto, non diventi emergenza. Come?
La prima azione è quella della chiara consapevolezza del fenomeno, ottenibile soprattutto grazie all’evidenza dei numeri. I quali mostrano una significativa dissonanza tra il grado di insicurezza percepita (alto, in quanto costantemente alimentato dall’emozione per i singoli episodi) e quello reale. L’indice di criminalità rilevato dalle statistiche diffuse dal ministero dell’Interno e relativo al 2023 piazza la provincia al 62° posto in Italia (in lieve peggioramento rispetto all’anno precedente, ma comunque all’ottavo posto in Lombardia) e Cremona addirittura al secondo per quanto riguarda i reati legati all’usura, ottava per delitti informatici, undicesima per pedopornografia e prostituzione e quindicesima per violenza e percosse. È soprattutto l’ultima voce, con segnalazioni in aumento, a rendere agitati i cuori cremonesi. E proprio in questo ambito la regola aurea è stata indicata dal prefetto, Antonio Giannelli, che vede nella prevenzione la priorità del mandato. «Non c’è alcun allarme», assicura, avendo però la consapevolezza di come la percezione dei cittadini richieda una risposta immediata.
Come ha detto al nostro Mauro Cabrini all’indomani di uno degli episodi più gravi, con un 53enne pestato e ferito con bottigliate alla testa solo per aver ripreso ragazzini che avevano buttato a terra bottiglie di birra e cartacce, «siamo di fronte a eventi successivi che meritano di essere attenzionati: mi riferisco a quanto accaduto in piazza Roma, piuttosto che in altre zone sensibili, ma anche a quanto successo negli spazi aperti di alcuni centri commerciali. Da una parte e dall’altra saranno attivati servizi di controllo dedicati, certi che il presidio e la presenza hanno una efficace funzione di deterrenza e sono indispensabili per la prevenzione. Il problema, però — precisa subito dopo — non è dislocare qualche pattuglia in più nelle zone ritenute sensibili: quello è facilmente risolvibile, lo stiamo facendo e lo faremo potenziando l’assetto. Ma io penso che sia prima di tutto necessario capire cosa si nasconda dietro il fenomeno cui stiamo assistendo: comprenderlo è l’unico modo serio, anche dal punto di vista investigativo, per governarlo senza essere costretti ogni volta a rincorrerlo».
È dunque necessario agire subito e pensare a medio e a lungo termine. Già nelle notti scorse abbiamo visto un primo benefico rafforzamento della presenza di divise nei luoghi caldi di Cremona e di Crema (tutti ampiamente noti e dunque facilmente monitorabili). Una presenza psicologicamente tranquillizzante purché non resti un unicum. Così come per quanto riguarda il capoluogo è positivo l’annuncio del sindaco Andrea Virgilio del rafforzamento dell’organico della polizia locale e dell’apertura di un presidio fisso in piazza Roma oltre all’installazione di nuove telecamere. Così come va salutato positivamente il giro di vite rappresentato dai controlli nei locali che vendono ai minorenni alcolici, notoriamente uno degli inneschi più efficaci della violenza.
Si potrebbe dire anche della rabbia dovuta alla mancata integrazione, che però ha due responsabili: il rifiuto attribuito agli immigrati, che non vorrebbero integrarsi, ma spesso praticato anche da noi autoctoni. Un rifiuto che, come insegnano le violentissime rivolte delle banlieues delle città francesi, condiziona soprattutto i ragazzi delle seconde generazioni, cioè nati da genitori stranieri nel paese di immigrazione, che spesso si riuniscono in gang etniche perché isolati dalla società che li lascia ai margini e perché sono senza radici: perse quelle dei loro genitori, non hanno ancora fatte germogliare le nuove nella realtà in cui sono approdati. Comunque stranieri. E in quanto tali vulnerabili. Per irrigare queste radici c’è da lavorare tutti: scuola, associazionismo, sport, quartieri, città, Regioni, Stato.
Ma soprattutto va coltivato il senso di appartenenza. In Italia vivono oltre un milione di minori di origine straniera e il 79 per cento dei minori di seconda generazione non ha la cittadinanza pur dichiarando nella stragrande maggioranza di sentirsi italiani. Italiani ma non troppo. E allora può scattare la ribellione verso chi non ti assegna la dignità di un passaporto. Il delicato equilibrio tra inclusione ed esclusione passa anche da lì. La scorsa estate è stata caratterizzata da un acceso dibattito sul riconoscimento dello status di cittadino per chi, pur essendo nato in Italia e avendo qui trascorso tutta la sua vita, ha genitori stranieri.
Sono state fatte diverse proposte, l’ultima lo ius scholae avanzata da Forza Italia; centinaia di migliaia poi le firme apposte alla proposta di referendum per cambiare la legge sulla cittadinanza promosso da +Europa e sposato dal Pd. La speranza è che non resti solo un dibattito estivo. Così come sarebbe il caso di istituire finalmente la buona pratica di assegnare la cittadinanza onoraria comunale ai minori figli di immigrati che vivono e studiano qui. I sindaci di Cremona e di Crema si erano impegnati a farlo. Un documento che può essere anche una patente anti ribellione. Perché da noi le banlieues non ci sono.
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