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LA NOSTRA STORIA

Longobardi analfabeti, o quasi. Sono pochi i documenti scritti di una dominazione

Famosa la donazione di Alfiano Vecchio e le tombe scavate nel Cremasco Rimangono le tracce nella toponomastica

Gigi Romani

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lromani@laprovinciadicremona.it

26 Aprile 2014 - 15:53

Longobardi analfabeti, o quasi. Sono pochi i documenti scritti di una dominazione

L’antica chiesa della Senigola di Pescarolo

La dominazione longobarda era profondamente radicata nel cremonese, basta leggere un qualsiasi cartello stradale che indica Farfengo, Isengo, Farisengo, Longardore. Ma sono solo nomi, la testa e il cuore devono fare un grosso sforzo di fantasia per immaginare il territorio longobardo. Di questo periodo infatti non è rimasto quasi nulla di tangibile, le fonti scritte sono rarissime, i reperti archeologici scarsi. Per quanto riguarda le fonti scritte le uniche esistenti sono contenute nella Historia Langobardorum di Paolo Diacono e nel Codice Diplomatico Cremonese. Come già riportato Paolo Diacono nel libro IV libro della Historia, al 28° paragrafo ci fa sapere che Agilulfo assediò e conquistò Cremona nell’estate del 603. Altro il lavoro dello scrittore friulano non riporta. Certo si può analizzare pa- rola per parola lo scritto, procedere per deduzioni, ma il risultato non cambia, Paolo Diacono dedica a Cremona appena 6 righe. Del resto non sappiamo neppure se Paolo sapesse della storia di Cremona e dei suoi trascorsi. Lo scritto re longobardo era un erudito, ma, come ha affermato Ernesto Sestan, di cognizioni limitate : «Evidentemente i committenti (delle sue opere ndr) avevano un’alta stima della dottrina e del Parte letteraria di Paolo Diacono. Se anche, specificatamente, della cultura storica non saprei... Ma del suo bagaglio storico-letterario possiamo sapere qualche cosa: è un bagaglio tipicamente altomedievale. Nessuna conoscenza, o almeno nessuna eco dei grandi storici della latinità classica...». Una cosa comunque è certa: solo Paolo ci fa sapere che Cremona era bizantina e che venne conquistata dai Longobardi. Informazione preziosa, che dà fondamento a tutte le analisi storiche successive: senza Paolo Diacono la conquista longobarda di Cremona si sarebbe solo dovuta immaginare. Il Codice Diplomatico Cremonese non aiuta molto di più. Il prezioso lavoro curato da Lorenzo Astegiano, due volumi che abbracciano un arco di tempo che va dal 715 al 1334, riporta appena due paginette di documenti, in tutto otto frammenti risalenti al VIII secolo, che abbracciano un periodo compreso tra il 715 e il 781. Gli atti sono scritti sotto la sovranità di Liutprando (forse il più grande di questa monarchia che Gioacchino Volpe definisce ‘debole’ (e la contrappone a quella dei Franchi che chiama ‘forte’) e Desiderio, l’ultimo re. I documenti testimoniano come i Longobardi avevano assorbito la mentalità e i valori del mondo latino dopo circa 136 anni di permanenza in Italia. Gli atti si riferiscono soprattutto a un’azione caritatevole dello strator Gisulfo, scudiero del re, e signore di Alfiano. Gisulfo dispone che alla sua morte, e a quella della moglie Radoara, parte dei terreni di Alfiano vengano venduti dal vescovo di Lodi e che il ricavato sia distribuito ai poveri. Alla morte di Gisulfo, avvenuta nel 759, la moglie entra in convento e ordina che le disposizioni del marito vengano esaudite immediatamente. Gli altri documenti sono una conseguenza di questa donazione, trattano infatti le questioni ereditarie dei figli di Gisulfo sulle rimanenti proprietà. Certo balza agli occhi come siano cambiati i Longobardi: da conquistatori avidi di terra sono diventati benefattori che donano proprietà per la salvezza della propria anima. Sul periodo longobardo esistono poi altri documenti, ma sono falsi. Alcuni sono datati 780, ma sono stati redatti dal sacerdote Antonio Dragoni nel XIX secolo, per coprire alcune lacune della storia della chiesa cremonese. Un altro documento è datato 753, ma fu realizzato da monaci cremonesi del XII secolo, per dimostrare, nell’ambito della lotta contro il vescovo, che alcuni terreni appartenuti al convento di San Silvestro, fondato a Cremona dai nonantolani, erano proprietà dell'abbazia di Nonantola. Non è da escludere però che il documento fosse stato redatto sulla base di un altro più antico ma andato perso. Tracce scritte labili dunque, così come quelle archeologiche. Per quanto riguarda la città gli unici reperti di origine longobarda sono i cinque capitelli esistenti nella cripta di San Michele. Gli storici dell’arte sono ormai concordi nel ritenere che essi facessero parte di una precedente costruzione di epoca longobarda e che si siano salvati nelle continue ristrutturazioni della chiesa. Fino a essere sistemate nella cripta nel XIII secolo. Va un po’ meglio nel territorio. I principali ritrovamenti riguardano il cremasco, a nord della provincia, e il territorio di Pescarolo, comune a una quindicina di chilometri da Cremona. La località cremasca interessata ai ritrovamenti è Offanengo, un paese di 4500 abitanti. Le prime tre tombe furono scavate nel 1963 e vennero trovati altrettanti guerrieri longobardi con tutto l'equipaggiamento. Il secondo ritrovamento avvenne nel 1983 nel suo interno pochi reperti: parte delle ossa, e cinque frammenti di ferro, resti probabili di un coltellino, di una sphata, di una fìbbia e di alcune placchette.
Fulvio Stumpo
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