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El cantòon dèl dialèt

Palazzo Pignano
L’intensità
del‘compianto’

Otto statue di terracotta a misura naturale eseguite dal cremasco Agostino de’Fondulis a cavallo tra i secoli XV e XVI

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30 Marzo 2013 - 11:25

Palazzo Pignano
L’intensità
del‘compianto’

Il compianto di Agostino de' Fondulis (pieve di Palazzo Pignano)

L a pagina del dialetto di oggi, sabato santo, riserva poco spazio all’argomento che sarebbe più logico affrontare, cioè il periodo pasquale, per dedicarsi invece alla poesia dialettale che tanta risonanza ha avuto nelle trasmissioni radiofoniche e televisive lo scorso 21 marzo, primo giorno di primavera e giornata dedicata alla poesia, anche dialettale. E’ vero, alla Pasqua dedichiamo davvero poco spazio, poco ma di grande intensità. Come quella che si percepisce osservando il gruppo del ‘Compianto’ della Pieve di Palazzo Pignano di cui oggi vi vogliamo parlare: il patos del momento della Deposizione è talmente intenso che verrebbe spontaneo ‘piangere con loro’, come dice la parola ‘con-pianto’. Si tratta di un gruppo di otto statue di terracotta a misura naturale eseguito da Agostino de' Fondulis, artista cremasco attivo nel milanese e dintorni a cavallo tra i secoli XV e XVI. Il momento che rappresenta, perché proprio di una rappresentazione, quasi teatrale, si tratta, è davvero drammatico: al centro il Cristo deposto a terra con la testa appoggiata su due cuscini, attorno, prostrati dal dolore vediamo, da sinistra, Giuseppe d'Arimatea, che nel suo Vangelo ha descritto la Deposizione, Giovanni evangelista, Maria di Cleofa che sorregge la Madonna che sta svenendo aiutata da Maria Salome. Accanto, in un urlo di dolore, Maria Maddalena ed infine il discepolo Nicodemo. Questo gruppo scultoreo, che merita una visita (magari può diventare una buona alternativa alla classica gita fuori porta o una sorta di preghiera pasquale) ha beneficiato di due restauri, uno nel 1928 e uno più recente nel 1998. Purtroppo si sono persi i colori, che invece ha conservato l'altro ‘Compianto’, sempre di Agostino de' Fondulis e conservato nella chiesa di San Satiro di Milano, ma non ha perso la sua intensità. E' una Deposizione davvero tanto sofferta che può risolversi solo con la Resurrezione. Tanto dolore richiama alla mente il ‘Pianto della Madonna’ che Jacopone da Todi, vissuto tra il 1233 circa e il 1306, ha composto qualche secolo prima. Forse non è questa la sede ideale per riportare, almeno in parte, quei versi che fanno parte, con tanti altri, della base della nostra letteratura italiana, ma mi è troppo istintivo farlo.....e poi, anche l'italiano antico ha subito i mutamenti della storia come è successo al dialetto
«Figlio, l'alma t'è uscita,
figlio de la smarrita,
figlio de la parita, figlio attossecato!
Figlio bianco e vermiglio,
figlio senza simiglio,
figlio a chi m'appiglio?
Figlio, pur m'hai lassato!
Figlio bianco e bionno,
figlio volto inconno,
figlio, perchè t'ha el monno,
figlio, cusì sprezato?
Figlio, dolze e placente,
figlio de la dolente,
figlio, hatte la gente
malamente trattato!
Ioanne, figlio novello,
mort'è lo tuo fratello:
ora sento 'l coltello
che fo profitizato,
che moia figlio e mate 'n dura
morte afferrate:
trovasse abbraccecate
mate e figlio a un cruciato».
E adès, Bùna Pàasqua, gèent!
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