L'ANALISI
Storia & Tradizioni
23 Novembre 2015 - 13:48
Nel 1916 l’Italia è in guerra già da un anno, come spesso era già accaduto nella storia, il nostro Paese si era spaccato in due: interventisti e neutralisti. Ma come ‘spesso era già accaduto’ al momento dell’emergenza nessuno si tira indietro, neppure i soldati-contadini che partono da tutta l’Italia per una guerra che non comprendono. Alcune regioni, soprattutto quelle meridionali, non avevano neppure capito o assimilato le guerre d’Indipendenza o l’Unità, figuriamoci cosa voleva dire per andare a combattere per terre di cui non avevano mai sentito parlare. Eppure vanno al fronte e combattono.
Così come i soldati-contadini cremonesi, che già dal primo anno di guerra non si risparmiano. E allora ecco dagli archivi di Fausto Malin- verno, noto ristoratore con il pallino, anzi la passione, per la storia emergono i documenti delle prime vittime della Grande Guerra. Nomi, paesi di provenienza, pose dignitose di borghesi, contadini, classe media che già l’a bb igliamento, se non in divisa, fanno comprendere le divisioni sociali e magari la percezione diversa della guerra. Baffi, capelli impomatati, gravatte che oggi ci sembrano improbabili. Eppure questi giovani partono pieni di speranza, alcuni con la consapevolezza del ‘momento storico’ altri oggettivamente no. Eppure combattono. Il 1916 è un anno di assestamento. I nostro soldati combattono sull’Isonzo e sul Carso, ma trovano le armate austro-ungariche su una linea di difesa naturale, facile da difendere. L’esercito italiano, al comando di Luigi Cadorna, deve creare una linea dalla quale possano partire i contrattacchi.
I risultati sono scarsi e le perdite alte. Un dato positivo però è innegabile: l’entrata in guerra dell’Italia impegna le forze nemiche, e la guerra inizia a diventare di trincea, di posizione, lunga, estenuante, psiocologicamente devastante: si aspetta per giorni interi il comando dell’attacco, ogni giorno può essere l’ultimo di vita per migliaia di giovani. Nel maggio del 1916 parte la ‘spedizione punitiva’ per il presunto tradimento contro gli italiani. Dopo un primo sfondamento i nostri fanti fanno muro e l’attacco viene prima contenuo e poi respinto, il nostro esercito arriva fino a Gorizia. Tra le truppe che respingo- no gli austriaci tanti cremonesi. E la prossima puntata parleranno loro, con testimonianze raccolte negli anni ‘80, quando ancora la memoria era lucida. (segue)
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