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Una pagina di storia cremonese

Il priore di Sant’Agostino fu atteso fuori dalla chiesa e massacrato dai confratelli insieme ai due nipoti

Gigi Romani

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21 Agosto 2015 - 11:14

Il priore di Sant’Agostino fu atteso fuori dalla chiesa e massacrato dai confratelli insieme ai due nipoti

Quando la grande storia sfiora la micro storia, e i giochi di potere sfiorano anche le vicende piccole e lontane. Un priore ammazzato con ferocia all’interno del convento di Sant’Agostino di Cremona, una duchessa pia e devota che intende fare giustizia, un gruppo di frati che vorrebbe imporre il ritorno all’osservanza dell’antica regola dopo decenni di degrado spirituale dell’Ordine agostiniano, un religioso santo e colto che riporta i fatti con la chiarezza e la lucidità di un cronista moderno, sono i protagonisti di un violento episodio che ha toccato la nostra città nella metà del Quattrocento e che ha rinsaldato i rapporti fra la corte di Milano e una città di periferia, seppure importante. A raccontare i fatti, accaduti nella tarda estate del 1449 frate Agostino Cazzulli da Crema, umanista raffinato e uomo di fiducia di Bianca Maria Visconti, all’epoca signora di Cremona e duchessa di Milano, più volte vicario generale dell’Osservanza di Lombardia, un movimento di riforma nato all’interno dell’ordine agostiniano voluto fortemente da papa Eugenio IV, e priore del convento di Sant’Agostino di Cremona negli anni fra il 1466 e il 1468, mentre Ludovico Sforza reggeva la città dopo la morte del padre Francesco.

La cronaca manoscritta — ora conservata alla Biblioteca Angelo Mai di Bergamo — risale alla seconda metà del secolo XIV ed è intitolata Origo Congregationis Lombardie.

Nel 1449 — racconta frate Agostino — accadde un grande scandalo tra i frati di Cremona, i quali mal sopportavano i costumi morigerati e il rigore del priore Agostino Cauzzi, uomo virtuoso e colto, e attendevano il momento opportuno per vendicarsi di lui. All’interno del capitolo di Sant’Agostino vi erano soprattutto due frati che avevano in odio il priore e che avevano cominciato a tramare contro di lui per trovare il modo di eliminarlo, pensando probabilmente di occultarne facilmente il corpo e di non lasciare traccia del loro delitto. Un giorno, mentre frate Agostino stava uscendo dalla chiesa per recarsi nel chiostro in compagnia di due nipoti, i congiurati armati di una ‘sudis magna et grossa’, ossia di un grosso palo, che si erano già procurati premeditando il delitto, lo colpirono più volte al capo con violenza tanto da farlo cadere a terra esanime in una pozza di sangue, mentre i due assassini riversavano la loro ferocia anche sui poveri nipoti: uno di essi fu colpito con lo stesso palo fra la tempia e l’orecchio, l’altro fu accoltellato al ventre. Il priore spirò il giorno stesso prima dell’arrivo della notte, il nipote, colpito alla tempia, morì solo qualche giorno dopo, mentre l’altro, nonostante fosse ferito, riuscì a fuggire e a svelare tutti i dettagli del feroce episodio.

La notizia del crudele delitto si sparse velocemente e scosse l’intera città di Cremona, e molti cittadini, condannando la violenza dei frati, accorsero al convento per fare giustizia sommaria. In seguito al feroce omicidio la comunità si rivolse ai signori di Cremona affinché risolvessero il caso. L’intervento di Bianca Maria Visconti, ormai diventata duchessa di Milano e protettrice dei frati agostiniani che a Crema avevano fondato la Congregazione dell’Osservanza di Lombardia, fu decisivo. La duchessa informò immediatamente frate Giuliano Falciglia da Salemi, priore generale degli Agostiniani, il quale l’8 ottobre 1449 scrisse una lettera a frate Giorgio Laccioli da Cremona – una copia della lettera è trascritta in un registro conservato all’Archivio Storico Diocesano di Bergamo – affinché i trasferisse dal convento di Santa Maria Incoronata di Milano a Cremona per riformare il convento di Sant’Agostino, affidandogli il delicato compito di accogliere i frati che riteneva idonei al rispetto dell’antica regola, e di espellere tutti coloro che non reputasse degni.

Frate Giorgio da Cremona, mosso anche dalle preoccupazioni dei duchi di Milano, raggiunse in fretta la città di Cremona portando con sé numerosi frati provenienti dai conventi lombardi che già avevano aderito all’Osservanza ed entrò solennemente nel convento di Sant’Agostino il giorno di Ognissanti insieme a frate Gabriele Attendolo, fratello del duca Francesco Sforza che più tardi diverrà arcivescovo di Milano.

Dopo l’ingresso dei frati dell’Osservanza di Lombardia riuscirono ad ottenere numerosi privilegi ed esenzioni fiscali di diversa natura. Nel dicembre del 1449 essi — la documentazione è conservata all’Archivio di Stato di Milano — lamentando di aver trovato al loro arrivo solo degrado e incuria e dovendo occuparsi della ricostruzione degli edifici del complesso conventuale «dirupti et devastati et in malo ordine», ebbero dal duca Francesco Sforza la concessione del privilegio di essere esenti dal versamento di qualsiasi tassa imposta dal Comune di Cremona che potesse gravare sui loro beni. I duchi di Milano mostrarono dunque una grande attenzione verso i movimenti osservanti perché essi erano profondamente radicati nella società del tempo e mostravano una grande capacità di essere vicini ai sudditi attraverso la predicazione. Nella città di Cremona essi non solo avevano stabilito il loro patronato sull’altare dei Santi Crisante e Daria, celebrati nel giorno del loro matrimonio, che avevano fatto erigere nella chiesa di Sant’Agostino, ma avevano istituito anche la festa di San Nicola da Tolentino, canonizzato proprio in quegli anni, da celebrarsi presso la cappella, intitolata allo stesso santo, che sorgeva nella stessa chiesa, durante la quale l’intera cittadinanza doveva partecipare con doni e oblazioni. Nel corso degli anni Bianca Maria Visconti aveva concesso agli Agostiniani di Cremona altri privilegi importanti: in particolare quello datato 19 luglio 1465 con il quale concedeva ai frati la possibilità di acquistare e di trasportare la quantità necessaria di «calcina, arena, lapidum, opportuna lignamina, imbrices et assides» per il restauro del convento di Sant’Agostino che probabilmente era un cantiere sempre aperto e stava rivivendo un periodo di grande rinascita, dopo anni di incuria culminati con l’assassinio del priore.

La vicenda è trattata nel «Bollettino Storico Cremonese» nel saggio di Elisa Chittò, La chiesa e il convento di S. Agostino di Cremona in una cronaca quattrocentesca e nella rivista Insula Fulcheria.

Elisa Chittò

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