L'ANALISI
05 Agosto 2015 - 10:06
Sabato 18 luglio ho letto la lettera della signora o signorina Fiorenza Brognoli. Se ho capito bene, la scrivente vorrebbe potenziare, a partire dai centri abitati, le strutture che possono proteggere i ciclisti. Premesso che già le piste ciclabili esistenti vengono disertate o percorse al contrario e, in molti casi, servono solo per portare i cani a defecare, vorrei domanda alla nostra cara Fiorenza se percorre abitualmente le strade della nostra città in bicicletta. Il sottoscritto è un ciclista convinto perché il veicolo in esame è comodo, economico, veloce e non inquinante.
Però chi pedala deve conoscere le leggi esistenti in materia. Ogni giorno cavalco il mio mezzo per circa due ore sulle strade cittadine e, senza entrare nei particolari, devo dire che la sensazione che provo è sempre quella: mi sembra di essere in una gabbia di matti.
Ogni giorno vedo dissacrare e violentare dai ciclisti tutti iparagrafi del codice della strada che competono alla bicicletta. Ma allora questa categoria così debole, e in effetti lo è, da chi si deve difendere? Direi, essenzialmente, da se stessa perché, quasi totalmente, è composta da poveri suicidi! Negli ultimi anni questo panorama è peggiorato con l’aumen - to degli extracomunitari, i quali, alla faccia dell’integrazione e di chi li protegge a tutti i costi, imitano ciò che vedono fare dai ciclisti indigeni senza documentarsi. Vale la pena di fare altre strutture che costano una barca di soldi e che non serviranno a niente oppure è opportuno richiamare all’ordine gli ignoranti, i menefreghisti ed i furbetti con delle buone e salate multe a raffica?
Adriano Sàvoca
(Cremona)
Sono d’accordo con lei. La polizia municipale, spesso inflessibile verso gli automobilisti indisciplinati, dovrebbe esserlo anche con i ciclisti. Colpirne uno per educarne cento: credo che non ci sia altro modo perché la maggioranza di coloro che vanno in bicicletta rispetti il codice della strada.
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