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Un feroce amore che ti fa rinascere

La trasformazione attraverso il rapporto con il selvaggio

Gigi Romani

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lromani@laprovinciadicremona.it

16 Febbraio 2016 - 17:35

La trasformazione attraverso il rapporto con il selvaggio

Helen Macdonald
‘Io e Mabel. Ovvero l’arte della falconeria’
Einaudi
288 pagine, € 19.50

Le ‘normali pazzie del dolore’. Ci entra dentro Helen Macdonald nel libro ‘Io e Mabel’ che esce in Italia per Einaudi, nella traduzione di Anna Rusconi, dopo aver vinto il ’Samuel Johnson Prize 2014, il più importante premio britannico per la Non-fiction e il Costa Book Award. Scrittrice, poetessa, storica, naturalista, ricercatrice di storia e filosofia della scienza a Cambridge, la Macdonald guarda in faccia, come un pugno nello stomaco, il lutto, la solitudine della sofferenza, la depressione per raccontare la trasformazione e la rinascita di una donna attraverso il rapporto con il selvaggio, con la ferocia che si materializza nell’addestramento di un astore, uno dei più grossi rapaci che esistano. Ed ecco dunque una storia d’amore alimentata da quell’arte della falconeria che richiama il sottotitolo del memoir. Il libro si apre con una telefonata della madre che annuncia a Helen la morte di suo padre, un famoso fotoreporter, colpito da un infarto. Helen cade in una profonda depressione. Cerca di reagire, legge libri sul lutto ma la sua vita è un trascinarsi fino a quando i suoi sogni ricorrenti sui falchi, o meglio sugli astori che vide per la prima volta a dodici anni, la spingono a decidere di addestrarne uno: ed ecco la giovane Mabel «bella come una scogliera di granito o una nube temporalesca». Le pagine dell’addestramento del rapace sono piene di una strana tenerezza e di una solitudine piena di forza su cui si innesta la rilettura di T.H.White al quale si deve il re Artù de ‘La spada nella roccia’. Tenere la sua rapace per la prima volta fa provare ad Helen la stessa sensazione descritta in quel passo de ‘La spada nella roccia’ in cui, racconta la scrittrice, si dice del falconiere che riprende l’astore sul pugno: «riappropiandosene come un uomo senza gamba che si rimetta l’arto di legno». White diventa una sorta di specchio, di astro guida, di canto e controcanto della storia. «Come White anch’io volevo tagliare con il mondo e desideravo ritornare alla natura primitiva e inviolata, desiderio che può strapparti di dosso ogni morbidezza e farti naufragare in un mondo di disperazione cortese e selvaggia». Ed è proprio questo sentimento che la riporterà alla vita.

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