L'ANALISI
31 Marzo 2014 - 17:55
Ci sono risvolti della nostra storia che facciamo fatica a recuperare e, quando viene fatto, in genere è per interessi particolari o discutibili revisionismi. Forse quindi, più che la storia, per ora, è la letteratura che ce li può restituire nella loro verità. Lo aveva fatto Alberto Bevilacqua da giovane, con ‘La polvere sull’erba’, un bel romanzo tenuto nel cassetto per quasi 50 anni. Lo fa ora Luciana Capretti, con taglio diverso e avvincente, vista la costruzione tripartita del racconto, che fa rincorre pagina dopo pagina il passato remoto, il passato prossimo e il presente, e l’averlo incentrato su una figura emblematica, vitale e molto sofferente assieme, quella di Clara Faiola Moroni. Una donna come tante, una madre amorevole, una moglie infelice, un giorno del 1975 scompare, suicida buttandosi nel Tevere. Il commissario Renato Jozzetti, cui tocca l’indagine, intuisce ben presto che non è solo una questione di problemi coniugali, e, dietro un’esistenza difficile, da gravemente depressa, pian piano viene a galla tutto un passato che ha le proprie radici negli anni venti del fascismo trionfante, nella campagna povera alla periferia di Novara. Essendo questo della Capretti, giornalista al Tg2, un vero romanzo, anche se ancorato al vero, come già era stato per il suo ‘Ghibli’ sull’odissea degli italiani nella Libia di Gheddafi, e essendo costruito a suspence, come un noir, eviteremo di raccontare troppi particolari e il finale. Quel che è chiaro è che questa storia di una donna nell’Italia del Novecento, raccontata in presa diretta, ha una sua bella forza che, oltre a coinvolgere il lettore, diventa denunzia chiara, precisa, inappellabile, di una donna che in ogni suo gesto rivelava un grido di aiuto e, invece di trovare comprensione, è stata lasciata sola nel suo dolore. E, oltre a portare a galla confusione e violenze tra guerra e dopoguerra, in pagine aspre e piene di disperazione accusa il nostro sistema sanitario, la violenza e l’indifferenza delle cure psichiatriche prima delle battaglie di Basaglia, in cui non conta la volontà del paziente, che è solo una personalità da annientare, magari a forza di elettroshock. Attorno a lei poi una famiglia disastrata, quella povera di origine, con un padre violento e una madre fuori di testa dopo la morte di una figlia, e quella nuova, borghese, creata con un marito che parla al singolare, che pensa a sè e al suo lavoro e, davanti ai misteri della moglie, riesce solo a difendersi.
Paolo Petroni
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