La sindrome di Stoccolma è il titolo dello spettacolo che andrà in scena lunedì al Filo alle 21 (ingresso 10 euro). Uno spettacolo di Walter Marinello, con Antonio Carlucci e Giulia Lombezzi, regia di Lazzaro Calcagno; musiche di Giuseppe Carta; sculture di Walter Marinello.
Può una vittima innamorarsi del proprio aguzzino? Un interrogativo, questo, che lascia correre un brivido lungo la schiena. Di quelli immediati e gelidi, che paralizzano. Ma se quel punto di domanda che chiude la frase sparisse? E’ possibile. Succede, è successo. Sindrome di Stoccolma, è così che gli psichiatri definiscono il sentimento positivo che la vittima prova nei confronti del carnefice. Una sorta di alleanza che spesso sfocia in amore ma che altrettanto spesso porta all'accettazione e quindi alla non denuncia.
Questo il tema di La Sindrome di Stoccolma, la coproduzione della Libera Compagnia Teatro Sacco e del Teatro Il Sipario Strappato. Uno spettacolo nato da un’idea di Walter Marinello e portato sul palco dal regista Lazzaro Calcagno, nel quale due personaggi, Michele e Greta, si fronteggiano e si studiano drammaticamente, tra continui colpi di scena. Lui, interpretato da Antonio Carlucci, ossessionato dalla ragazza, che la rapisce e la tiene segregata in una cantina. Lei, interpretata da Giulia Lombezzi, che tenta disperatamente di convincerlo a liberarla. «Un thriller intenso — spiega Carlucci, uno dei protagonisti, che porta in scena una realtà drammatica fatta da una concezione malata dell’amore, di possesso e analfabetizzazione dei sentimenti. Ma anche di mancanza di libertà e di autodeterminazione.
Come molte donne, anche Greta non solo non denuncia il proprio aguzzino ma gli offre una chance. E' proprio in questa scelta, spesso fatale, che si rintracciano aspetti della Sindrome di Stoccolma».
Sessanta minuti di arte mista a realtà, per un tema che dalle pagine della cronaca sale su un palco.