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28 aprile 1993

«Processate Andreotti»

La Giunta delle immunità dà parere favorevole alla richiesta dei giudici di Palermo

Annalisa Araldi

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aaraldi@publia.it

28 Aprile 2020 - 07:00

«Processate Andreotti»

L'ira del senatore: 'Ma io non ho paura della verità'

«Non ho paura della verità e affronterò con fermezza ogni procedura per smascherare questa incredibile macchinazione».
Così il senatore a vita Giulio Andreotti ha commentato il parere favorevole della Giunta delle immunità del Senato alla richiesta
di autorizzazione a procedere nei suoi confronti avanzata dalla Procura di Palermo per associazione di stampo mafioso.

Il giudizio passa adesso all'assemblea di palazzo Madama che dovrà pronunciarsi a scrutinio segreto.
Per il sì hanno votato undici membri mentre undici sono state le astensioni (compresi i democristiani), tra cui quella del presidente della giunta.

'Provo un'insolita rabbia, questa vicenda spaventa'

ROMA — Non poteva andare peggio. Andreotti  è furioso e si difende attaccando. Parla di «pressioni organizzate» sulla giunta per creare un clima di «intimidazione». Si rallegra del fatto che neanche i suoi «avversari» ritengano autentiche le «ridicole» prove fornite dai pentiti, siano esse «baci o puncicature». Nega di non provare paura, ma descrive «un aspetto in questa incredibile vicenda che spaventa». Dice di essere «concorde» con chi non vuol dare all'opinione pubblica l'impressione di «impedire l'accertamento della verità», ma subito dopo assicura che si difenderà «smontando il castello di calunnie».

«Io — dice il senatore a vita — non ho alcuna paura della verità e affronterò con fermezza e decisione ogni procedura per smascherare questa incredibile macchinazione». E siccome il definitivo via libera all'autorizzazione a procedere dovrà venire dall'aula di Palazzo Madama, è proprio là che Andreotti leggerà la sua arringa difensiva: «Nella seduta pubblica del Senato ho il dovere di mettere in luce il quadro di quanto si sta svolgendo, perché non si può calpestare una vita, non solo personale, al servizio della nazione, e in un indirizzo di lotta decisa alla mafia, per manovre politiche, che dovrebbero seguire ben altre strade». Ma se c'è un Andreotti che risponde alle accuse attaccando, ce n'è un altro che da sfogo alla sua rabbia attraverso il Bloc notes, la rubrica dell'Europeo: «L'assoluta estraneità agli addebiti — scrive — mi dovrebbe lasciare tranquillo. Ma una insolita rabbia mi è esplosa e mi sta corrucciando, proprio per la natura del sospetto, non solo oltraggioso ma contrario a tutta una serie di provvedimenti in senso opposto (cioè contro i mafiosi) che portano la mia firma, che non è solo protocollare».

Andreotti conclude ricordando che le uniche cose che lo possono consolare, oggi, sono la chiesa e la famiglia: «Mi accorgo
che la vita ha altre risorse, non meno e forse più gratificanti: il caldo affetto della famiglia, un po' meno trascurata; una minor
fretta nella preghiera e un maggior tempo per riflettere».
Nessun commento dal procuratore Giancarlo Caselli sulla concessione dell'autorizzazione a procedere nei confronti di Andreotti.
Il capo degli uffici giudiziari di Palermo, fin dall'inizio, ha mantenuto il più stretto riserbo su questa vicenda.

Intanto, a Palermo, proprio sull'onda della vicenda Andreotti, per la prima volta dall'entrata in vigore della legge è stato istituito il Tribunale dei ministri: l'organismo che giudica reati commessi da esponenti del governo nell'esercizio delle loro funzioni.
Sulla vicenda Andreotti interviene il superprocuratore antimafia Bruno Siclari, secondo il quale «il senatore Andreotti non ha
motivo di temere i giudici palermitani, il cosiddetto Palazzo dei veleni. Perché il Palazzo dei veleni non è più tale, e comunque quei veleni non riguardavano i giudici nei confronti di altre persone, degli accusati. Riguardavano i giudici nei rapporti fra di loro (la vicenda del 'corvo', ndr)».

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