L'ANALISI
LE FIERE ZOOTECNICHE INTERNAZIONALI
27 Novembre 2025 - 14:27
CREMONA - Sotto gli archi scintillanti di palazzo comunale, dove le lampadine si inseguono come un filo di lucciole elettriche alla rincorsa del Natale, il cortile Federico II si offre agli occhi dei passanti con un'immagine che disorienta e incanta. Sembra un presepe, ma senza bue né asinello: nessuna grotta, nessuna sacra famiglia. Al loro posto, sedici piccole cuccette in fila, ordinate come in filari, ospitano altrettanti vitellini. Non veri, ma riprodotti in vetroresina con una tale finezza che basta un attimo per immaginare il fiato caldo degli animali condensarsi nell'aria gelida della sera. Attorno, i sampietrini brillano mentre diventano zolle urbane: lembi di una campagna che, forse per la prima volta, si spinge così vicino al cuore della città. Qui le pietre medievali cedono il passo al fieno e sui marmi pare sprigionarsi un silenzioso profumo di stalla.
Dal tetto spiovente pendono quattro lanterne. A guardarle da sotto, sembrano piovute da uno squarcio di cielo rimasto impigliato tra i mattoni antichi, come un'astronave arrivata da un'altra galassia: quella rurale, fatta di albe lattiginose e vapori caldi. Le loro ombre scivolano sulle pareti come un segno: qui convivono mondi abituati a sfiorarsi soltanto.

E allora succede qualcosa che sorprende. Nel cortile dove Cremona custodisce la sua storia civica, tra le botteghe dei violini che sono identità e respiro, si insinuano muggiti immaginari che si mescolano alle melodie del legno lavorato dai liutai. Mani che cesellano strumenti e mani che accudiscono animali: in fondo cambia la materia, non il mestiere. È sempre arte, anche quella silenziosa delle stalle.
Piazzata con una naturalezza disarmante all'ingresso del municipio, la stalla è molto più di un'attrazione. È un'installazione che parla alla città, che racconta l'altra sua anima, quella laboriosa dell'agro-zootecnia. Un mondo che qui non è soltanto economia, ma tradizione e identità. Ed è proprio questo mondo che, fino a domani, si celebra alle Fiere internazionali: Cremona capitale dell'allevamento, sorgente infinita di latte, fabbrica di saperi e competenze che il mondo osserva con rispetto.
Intorno alle cuccette sfilano bambini che sgranano gli occhi e restano immobili, come se fosse la prima volta che incontrano un animale… anche se finto. «Mamma, respira?», chiede un bimbo con la voce che rimbalza sotto le arcate come una nota limpida. I genitori sorridono e approfittano dell'occasione per raccontare l'anima agricola della città, le campagne che si estendono appena fuori dalla periferia, il lavoro dei nonni e dei bisnonni che hanno fatto della terra una promessa.
Poi arrivano i turisti. Alcuni camminano veloci, altri si bloccano di colpo. Scattano foto, si avvicinano ai vitellini, cercano il punto esatto in cui finisce la scultura e cominciano l'immaginazione e il ricordo. Qualcuno chiede informazioni, qualcun altro sorride. E c'è chi resta semplicemente in silenzio, come si rimane davanti a qualcosa che non si capisce del tutto, ma che, in un modo inspiegabile, parla lo stesso.
E così, una semplice stalla diventa un ponte tra mondi. Il giorno la illumina, la notte la trasforma: i bambini la esplorano, gli adulti la interpretano. Tutti, indistintamente, ci trovano un frammento di storia: la fatica, la tradizione, la cura. E mentre la città si prepara al Natale, sotto gli archi eleganti del Comune sembra rimanere sospeso, per un attimo, un respiro che profuma di fieno. Un respiro che ricorda a Cremona da dove viene e quanto lontano può ancora andare.
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