L'ANALISI
09 Settembre 2016 - 18:43
CREMONA - Che cosa sono i diritti dei bambini?
Glieli facciamo declamare a memoria a gran voce nei vecchi cortili delle scuole. Li troviamo stampati nei dépliants dell’offerta formativa come comandamenti. Li attacchiamo con spillette sui grembiuli (‘io valgo’ ‘io ho diritti’), nelle giornate internazionali dei diritti. Guardiamo con preoccupazione e compassione a quei poveri bambini cresciuti nei paesi in cui questi diritti sono negati.
Una grande macchina retorica è quotidianamente in azione per rassicurarci e nascondere il fatto che i nostri figli (quegli stessi che recitano a memoria, portano le spille e sono cresciuti leggendo racconti sui diritti dei bambini) sono molto lontani dal vivere in un contesto di diritto.
ll diritto alla salute ad esempio. Non restare otto ore al giorno in scuole dove si rischia la vita tra l’amianto o alla prima scossa sismica, con bagni fatiscenti e nauseabondi per fare pipi.
Il diritto ad avere genitori che oltre ad applaudire alle feste, fare sì con la testa alle riunioni, raccogliere bollini-punti, postare foto su facebook, abbiano il coraggio di scendere in campo quando è il momento di prendere decisioni importanti che riguardano la vita di comunità.
Il diritto ad essere educati non come piccoli consumatori — di oggetti, esperienze, relazioni — ma come persone responsabili all’interno di una comunità, in cui i diritti sono tanto importanti quanto i doveri (parola oggi desueta, che puzza di stantio, di cui nessuna scuola si sognerebbe di celebrare la giornata).
Il diritto ad avere educatori che esercitano il pensiero critico e che hanno il coraggio di dire ‘no’ quando le richieste che calano dall’alto sono palesemente insensate. Il diritto a non vivere il quotidiano spettacolo di un sistema che a parole celebra l’infanzia e nelle pratiche riproduce logiche e priorità che se ne infischiano dei bambini e della loro capacità di agency. Ripeto quello che dico durante i miei incontri pubblici rivolti a genitori e insegnanti (alcuni si offendono, ma pazienza): smettiamo di riempirci la bocca dell’espressione ‘diritti dei bambini’ e cominciamo invece a esercitare, come adulti, un più concreto esempio di pratica quotidiana del diritto e di partecipazione responsabile. I bambini, intanto, ci guardano.
Angela Biscaldi
(antropologa, Università degli studi di Milano)
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