L'ANALISI
19 Agosto 2015 - 11:22
Egregio direttore,
le rubo un po’ di spazio raccontare un episodio che mi è accaduto pochi giorni fa. Sabato sera, era l’8 agosto, sono stata punta in varie parti del corpo da alcune vespe. Mi sono allarmata, soprattutto perché il braccio e la mano destra erano rossi e gonfi così, dopo la prima automedicazione, visto il persistere del dolore tanto intenso da impedirmi di riposare, sono stata accompagnata al Pronto soccorso per avere le opportune cure e indicazioni terapeutiche. Erano ormai le ore 2.30 del mattino e nella sala d’attesa c’erano solo tre persone, e per questo ho sperato di poter essere visitata velocemente. Non è andata così. Subito, il mio braccio avvolto da una salvietta bagnata che mi dava un mi- nimo sollievo al prurito, ha destato l’insopprimibile ilarità del personale di turno, ma le assicuro che a me non veniva proprio da ridere. Ho ignorato i sorrisi ironici e ho iniziato l’attesa, dopo che mi è stato assegnato un codice verde. È stata data la doverosa precedenza ad un caso grave, una dottoressa è uscita per fare una pausa sigaretta (comprensibile), mi ha preceduto un codice bianco e io ero sempre lì ad aspettare che qualcuno mi chiamasse o mi chiedesse se avessi bisogno di ghiaccio o altro. Dopo due ore di incomprensibile attesa (incomprensibile perché il Pronto soccorso era ormai deserto), ho informato il personale della mia scelta di tornare a casa: in cambio ho ricevuto il consiglio di assumere un antistaminico (che peraltro non avevo a disposizione) e di mettere del ghiaccio! L’episodio in sé non è grave, fortunatamente ora sono certa di non essere allergica alla puntura delle vespe, ma è indicativo di un servizio che non è sempre efficiente, anche quando ci sono tutte le condizioni per poterlo erogare al massimo delle potenzialità che il servizio pubblico dovrebbe garantire.
Carmela Costantino
(Olmeneta)
La sua segnalazione — peraltro con toni molto pacati — era doverosa. Mi aspetto che l’Azienda ospedaliera chiarisca le ragioni del ritardo dell’intervento che, almeno dal suo racconto, sembra incomprensibile.
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