L'ANALISI
18 Settembre 2025 - 15:24
“Cascine padane” è il titolo della mostra di dipinti e fotografie in programma, dal 15 settembre al 18 ottobre, in due sedi: il Museo di Storia Naturale, dove troveranno spazio i dipinti di Guerino Apostoli, Giusy Asnicar, Roberto Bedani, Adriano Bruneri, Riccardo Bozuffi, Donato Ciceri, Roberto Dellanoce, Fulvio Fiorini, Enrica Groppi, Claudio Guatteri, Elio Nolli, Ennio Sartori, Romano Castignoli, Giorgio Carletti e Anna Piva, e il Museo della Civiltà Contadina “Cascina Cambonino”, che ospiterà invece le fotografie di Gianluigi Bruschi e Giorgio Denti.
La rassegna sarà inaugurata sabato 20 settembre alle 11 presso il Museo di Storia Naturale con l’introduzione della conservatrice, Anna Mosconi, e la presentazione del curatore, Simone Fappanni, e alle 18 al Cambonino, con l’intervento del gruppo “Sonantes”, che eseguirà musiche popolari, evocative delle atmosfere e delle tradizioni contadine.
«Questa duplice collocazione – spiega Fappanni - non è casuale, ma risponde a una precisa volontà di intrecciare il racconto artistico con la memoria storica e sociale del territorio, dando vita a un percorso espositivo che si propone di esplorare la cascina non solo come luogo fisico, ma anche come spazio di identità, di memoria e di trasformazione La cascina, fulcro nevralgico della civiltà rurale della Pianura Padana, ha da sempre occupato un posto di assoluto primo piano nell’immaginario collettivo.
Fin dalle prime rappresentazioni pittoriche, passando per quelle sette ottocentesche, fino a quelle contemporanee, la cascina è stata raffigurata come luogo comunitario, in cui ai momenti di duro lavoro nei campi si alternano quelli di riposo, spesso davanti al camino o nella stalla, e attimi di felicità e condivisione.
Si tratta, dunque, del luogo per eccellenza dove la società contadina, rispettosa dei tempi e dei ritmi della natura, ha vissuto secondo valori condivisi. Ecco, allora, che la nei dipinti e negli scatti la cascina emerge come un incredibile microcosmo, talvolta immerso in scenari ammantati da un fitto manto nevoso o battuti dalla calura estiva.
Nelle opere esposte, sia quelle pittoriche che quelle fotografiche, si guarda, pertanto, con affettuosa prossimità a questo luogo, simbolo di un mondo ormai scomparso ma che resta vivo grazie alla memoria.
Ogni artista invitato offre, dunque, una propria, particolarissima “visione” della cascina, spesso intessuta di storie personali o tramandate oralmente, utilizzando tecniche e stili diversi. Ad esempio, la ricchezza e la pastosità cromatica della pittura ad olio consente di restituire, con efficace evidenza, la solidità dei muri, ma anche la morbidezza dei campi, la luce che a fatica s’insinua nelle tipiche nebbie padane, ma anche tanti oggetti un tempo d’uso comune, ma di cui oggi spesso s’ignora la funzione. Alle pennellate materiche si alternano le velature in acquerello, i tratti vibranti dell’acrilico e i sottili intrecci delle tecniche miste, in cui intrigante mosaico d’immagini».
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