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Vedete, sono uno di voi

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15 Marzo 2017 - 09:46

Vedete, sono uno di voi

Chi era Carlo Maria Martini, e perché ha significato tanto per i milanesi e in generale i cattolici? Si pongono questa domanda Ermanno Olmi e Marco Garonzio, giornalista del Corriere della Sera che per decenni ha seguito l'uomo destinato (a sua insaputa) a diventare arcivescovo di Milano, e insieme ne ripercorrono la vicenda umana e spirituale parlando in prima persona, come se fosse lo stesso Carlo Maria Martini a raccontarsi.
La voce fuori campo e la regia sono dello stesso Olmi che firma anche la sceneggiatura con Garonzio, la fotografia è del figlio Fabio, il montaggio (fondamentale in questa storia che si muove avanti e indietro come i flussi delle maree) è di Paolo Cottignola, le ricerche d'archivio (quello dell'Istituto Luce, anche produttore con Rai Cinema e distributore, come di molte altre collezioni di memoria) sono di Nathalie Giacobino: nomi da citare per descrivere uno sforzo collettivo ed ecumenico nel rendere giustizia ad una figura che ha attraversato la storia d'Italia e ha rappresentato un punto di riferimento spirituale anche per molti non credenti. E le musiche, dal requiem di Verdi fino alle composizioni di Fabio Vacchi e Paolo Fresu, più che un accompagnamento sono un sostegno retorico (nel senso più nobile del termine) e un potente volano emozionale. Martini ha attraversato alcune delle pagine più buie del passato recente (la parola oscurità è quella più spesso ripetuta) facendosi portatore di luce: a volte un faro, a volte una fiammella, quasi sempre consegnata a mano, in prima persona, e accompagnata da quello sguardo terso e azzurro che chi gli ha voluto bene non dimentica. Olmi e Garonzio partono dall'infanzia privilegiata ma sobria di Carlo Maria, identificando nelle sue radici altoborghesi mai troppo lontane dalla terra la formazione al rispetto della dignità umana (e alla libertà di pensiero e di azione) e la capacità di interloquire in egual misura con i potenti e con gli umili, in quella "sfida di essere onesti" che caratterizzerà tutta la sua attività pastorale, rendendolo talvolta scomodo per i suoi interlocutori.
Alle immagini dell'infanzia, accompagnate dalle riprese di una casa di campagna che è stata un microcosmo e un bacino di coltura, si alternano quelle della camera da letto in cui Martini è spirato, ancora "arredate" da medicinali e asta porta flebo, per ricordare quello "spavento" che coglie tutti in imminenza della morte.

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