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La pieve di San Maurizio a Ca' d'Andrea

La chiesa ha quasi 100 anni di storia, ma versa in brutte condizioni

Michela Garatti

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lromani@laprovinciadicremona.it

05 Marzo 2013 - 18:45

La pieve di San Maurizio a Ca' d'Andrea
Entrare nella quasi millenaria pieve dedicata a San Maurizio, nell’omonima frazione, fa male al cuore di chiunque ami i monumenti e l’arte. Di origini antichissime, un tempo chiesa madre o plebana, di riferimento per l’intero territorio, oggi cadente, svuotata dei suoi tesori e della sua dignità. Questo edificio risale all’XI secolo: lo si evince dalla particolare disposizione dei mattoni di dimensioni ridotte, caratteristica di quell’epoca, ben visibile sulla facciata a capanna. La pieve si presenta sobria su un dosso, mentre tra i campi ne richiama l’attenzione la sua torre campanaria larga e massiccia. Pare con tutta probabilità che la chiesa sia stata eretta su un preesistente edificio romanico; ce lo suggerisce proprio il terrapieno che da secoli la ospita, che ‘spunta’ nel mezzo della campagna piana. Si tenga poi presente che, in genere, le pievi erano costruite in prossimità di particolari punti delle centuriazioni romane (qui siamo a poca distanza dalla via Postumia e dal ‘quintario’ che da essa si diramava). Nulla di più probabile quindi che, sotto quella pieve, prima dell’anno 1000 esistesse un’altra struttura, non necessariamente con funzione sacra. La chiesa di san Maurizio fu una di quelle che venivano definite ‘chiesa plebana o chiesa madre’: pievi rurali, dotate di battistero, nelle quali venivano impartiti i sacramenti e dalle quali dipendevano le altre chiese del circondario. Angelo Grandi, nella sua opera sulla provincia e diocesi di Cremona, riferisce in merito alla pieve: «(...) vantava una pingue rendita, insignita del titolo arcipretale». Dunque stiamo parlando di una chiesa che fu di grande importanza sul territorio. Manon aspettiamoci oggi di entrare e trovare un edificio ben conservato e curato: una volta varcata la soglia, ci si trova davanti un ambiente spoglio e cadente. La navata vuota accoglie sul suo pavimento solo i calcinacci caduti dal controsoffitto di arelle, che riporta ancora i decori una volta gradevoli. Sul fondo della chiesa, ammassati in un angolo, pochi banchi in pasto ai tarli; a fianco dei pilastri, la traccia delle acquasantiere in granito strappate dal loro posto e finite chissà dove. Persino un volto di Cristo in marmo, datato 1400 dagli esperti, è stato danneggiato nel tentativo di essere strappato dalla nicchia che lo accoglie. Anche una cappella laterale è stata svuotata del suo prezioso altare ligneo ricoperto in foglia d’oro e della statua che conteneva. Stessa sorte per la pala d’altare raffigurante il Santo Patrono, sparita dall’abside. Pare che questa tela sia stata realizzata dal Misani, che la dipinse sul retro di un altro quadro, molto più antico.Macos’ha causato questo declino dai fasti antichi al degrado attuale? Diverse cause senz’altro. Partiamo dalle più remote: ce ne parla ancora Grandi, che spiega come ‘il dotto Colombano Balletti da Cremona’, poeta e professore, dopo aver abbracciato lo stato ecclesiastico, fu mandato dal vescovo Nicolò Sfondrati a reggere la parrocchia di San Maurizio. «Ma non potendosi adattare al vivere campestre, rinunziò a questo beneficio (senza dubbio in quell’epoca ancora cospicuo)». Dopo questo primo abbandono, fu successivamente tolto il titolo dell’arcipretura. Perso questo titolo onorifico, rimase parrocchia fino al 1986, quando venne unita a quella di Ca’ d’Andrea. Durante il secolo scorso furono fatti diversi interventi di ristrutturazione: negli anni ’40 il vecchio pavimento di pietra calcarea chiara (di cui si vedono tracce sotto l’attuale) fu ricoperto da mattonelle in graniglia più moderne e l’altare fu sostituito con uno nuovo in marmo. In questo periodo vi fu un primo rifacimento del controsoffitto, che fu di nuovo ristrutturato negli anni ’70. Fino ad una decina di anni fa venivano celebrati messa, matrimoni e battesimi. Poi i primi segni di cedimento del controsoffitto, la chiusura ed il lento ed inesorabile declino. Da poco è stato sistemato il tetto, almeno per garantire la stabilità alla struttura; esistono già dei progetti per ristrutturare la chiesa, segnale che la sensibilità verso questo edificio non manca. Invece ciò che manca, come spesso capita in questi casi, sono i fondi necessari. Servirebbe oggi forse proprio quel ‘beneficio cospicuo’ che Grandi citava.
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