L'ANALISI
21 Settembre 2015 - 13:44
Il pavimento musivo della chiesa di Pieve San Giacomo è ancora sepolto sotto un tavolato provvisorio, mentre cade il 52° anno dal ritrovamento. In questi anni si sono succeduti incontri tra le autorità competenti in materia, nell’anno accademico 1973-74 é stato oggetto di una tesi di laurea presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’u niversità di Pavia, nel 1996 su iniziativa del Comune di Pieve San Giacomo in collaborazione con la Sovrintendenza ai Beni architettonici è stato scoperto alla vista del pubblico per una settimana (22-26 ottobre).
In quell’occasione alcuni facoltosi privati si erano offerti di finanziare l’operazione di riportarlo alla luce, ma dopo progetti, preventivi,nulla-osta, divieti, ripensamenti, le tavole sono tornate a ricoprirlo. Arnaldo Bassini, compianto segretario del teatro Ponchielli, nonché cultore d’arte, nel 1972 aveva intervistato il professor Gazzola, Soprintendente ai Monumenti per le provincie di Cremona, Mantova, Verona, che gli aveva riferito che i lavori di sistemazione del mosaico di Pieve San Giacomo erano stati inseriti nel bilancio di previsione di quell’anno per una cifra di 5 milioni di lire.
Anche in quel frangente non se ne fece nulla. Destino che rimanesse dove era stato per secoli prima che l’allora parroco don LinneoRonchi neiprimigiorni di ottobre del 1967 lo riportasse, momentaneamente, alla luce. Il prete decise di effettuare una campionatura del sotto-pavimento in attesa di un intervento di rifacimento dell’intero pavimento della chiesa. Da tempo circolavano voci, seppur imprecise, di un antico pavimento sotto l’esist ente. Una credenza popolare, tramandata per secoli, sosteneva questa tesi avvalorata anche da una nota riportata in una visita pastorale del 1935.
L’esistenza di un pavimento musivo era poi contenuta nell’opera ‘Der Mosaikboden in St. Gereon Zu Cöln’ di M. Weerth nel 1873. Si è sempre parlato di una profondità di un metro, ma in effetti non fu necessario scavare molto — come ha sostenuto Gianfranco Rebessi, presen- te al momento dello scavo — perché a poco più di 13 centimetri vennero alla luce le prime tessere bianche e nere. Incollare un’etichetta sul mosaico, con tanto di autore e data, è sicuramente impossibile, per mancanza assoluta di riferimenti storici attendibili.
Unico punto di riferimento abbastanza preciso è la chiesa anchese contantesovrastrutture di epoche più recenti, la sua chiara origine romanica. Colonne in cotto perfettamente rotonde, soffitto a capriate potrebbero far pensare ad un edificio dell’Alto Medioevo. Se, quindi, datiamo la struttura nel XI secolo, potrebbe far pensare che anche il mosaico abbia la stessa data. Invece no. Gli scavi del 1963 non si sono limitati alla navata centrale, ma si sono estesi anche su quelle laterali alla ricerca di tessere e segni per poter assegnare un’identità precisa al rinvenimento. Si è visto che questo pavimento è collocato in una parte superiore rispetto al basamento delle colonne.
Per cui il mosaico potrebbe essere datato agli inizi del 1200. Esperti del settore, infatti, in una conferenza, non hanno trovato caratteristiche tali da poterlo accomunarlo ai paleocristiani ravennati, e men che meno alle decorazioni musive di chiara impronta bizantina di Aquileia. Dalla tesi di laurea diMiche - lina Contesi leggecheilmosai- co si estende, nella navata centrale, per 18,40 metri di lunghezza e 6 metri di larghezza e appoggia su l’antico litostrato formato da sassi e sabbia per 50 centimetri poggiante su terra nuda, indi un impasto di pozzolana e ghiaia finissima quarzosa per 20 centimetri e infine l’arriccio composto da pozzolana e calce bianca di 6/7 centimetri su cui sono fissate le tessere.
Queste hanno forma quadrata e dimensioni variabili dai 10 ai 14 centimetri di lato, alcune, specie le nere, sono leggermente più grosse ed allungate. La maggior parte sono di colore bianco e nero a varie tonalità, più alcune rosa. Il mosaico pavimentale è sostanzialmente formato da due grandi pannelli incorniciati da fasce decorative nei quali sono disposti vari elementi, con uno schema di tipogeometrico.
Nel primo pannello quattro losanghe intersecandosi al centro compongono una croce greca e racchiudono, nelle campiture, un cinghiale, un cane, un cervo, un grifo. Negli spazi triangolari che si trovano ai margini dei riquadri sono raffigurati altri animali. Troviamo un cerbiatto, un capriolo e alcuni pavoni. Nel secondo pannello tre di- schi disposti orizzontalmente si intrecciano traloro ed inscrivono, nell’ordine, una mucca, un pastore, un toro. Motivi filomorfici ( fiori,foglie,racemi )e motivi geometrici ( bordi a scacchi, a tortiglione, a greca ) completano la composizione.
L’autore, ignoto, ha eseguito con cura ogni singolo particolare utilizzando le varie tonalità di colori con grande maestria riuscendo a realizzare figure ben proporzionate e con eleganza.
L’intera esecuzione è realizzata da un disegno preciso ed incisivo, con profili taglienti e contorni netti e da una linea tecnicamente perfetta senza sbavature o incertezze, ancora più manifesta nella rappresentazione delle figure geometriche dove siconstata un’esattezza quasi scrupolosa. Se possiamo muovere una critica all’esecutore, la troviamo nella staticità delle figure. L’esecutore non si era posto il problema dello svolgimento di un’azione, nonostante fossimo in presenza di animali. Per lui il tema fondamentale era quello della figura fine a se stessa, racchiusa nella propria cornice, senza possibilità di comunicazione con le altre.
Gran parte della superficie del mosaico è lasciata ad elementi ornamentali, sia astratti ( greca e scacchiera ), sia vegetali ( fiori e foglie ). Sulla base di quanto descritto e dal raffronto con altri mosaici di periodi più o meno vicini, Michelina Conte azzarda dare una fisionomia all’es ecu- tore inserendolo tra i mosaicisti locali, sensibili tuttavia agli influssi delle scuole più rinomate.
La stessa Conte in appendice alla sua ricerca afferma. “ Non escluderei che la messa in opera del litostroto possa essere legata a qualche importante avvenimento storico o religioso, come nel caso del pavimento di San Benedetto Po, i cui motivi simbolici si riferiscono a Matilde di Canossa, per la quale, forse, la chiesa fu costruita come mausoleo percustodire il corpo della Contessa.”Anche a Pieve san Giacomo si narra che la chiesa venne costruita o ricostruita per volere della Contessa. Ma questa è un’altra storia. Un altro fatto importante è la simbologia dei medaglioni. In nessuno si trovano elementi religiosi.
Potrebbe trattarsi della pavimentazione di una villa patrizia, sulla quale, come alcuni storici affermano, è stata costruita la chiesa attuale, e ampliata in fasi successive. E come collocare, allora, il cunicolo sottostante al pavimento musivo con la base al pari del basamento delle colonne dove sono stati trovati i resti di sepolture di religiosi? Anchequesta potrebbeesse- re un’altra storia, che solo il recupero totale del tesoro sottostante riuscirà a raccontare.
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