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Le tre vite di un uomo

Camilleri sulle tracce di un ambiguo personaggio storico che assunse diverse generalità

Gigi Romani

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09 Maggio 2014 - 16:36

Camilleri sulle tracce di un ambiguo personaggio storico che assunse diverse generalità

''Inseguendo un’ombra''
di Andrea Camilleri
pagine 246, € 14
Sellerio

Lo si può considerare l’uomo che visse tre volte: fu l’ebreo Samuel Ben Nissim , «ragazzo più alto della media, i capelli nerissimi riccioluti e arruffati, il naso un po’ adunco»; fu il cristiano Guglielmo Raimondo da Moncada , capace di affascinare con il suo eloquio e la sua intelligenza viva alti prelati, cardinali e addirittura papa Sisto IV; fu infine lo spretato Flavio Mitridate, bizzoso insegnante di greco di Pico della Mirandola. Fu un personaggio storico sfuggente e ambiguo, che ha saputo ritagliarsi uno spazio importante nell’Europa del XV secolo, mantenendosi tuttavia defilato e dietro le quinte. Ed è a lui che Andrea Camilleri dedica il suo ultimo romanzo, intitolato appunto Inseguendo un’ombra, perché tale fu Samuel/Guglielmo/Flavio. Dal ghetto di Caltabellotta, paesone non lontano dall’attuale Agrigento, a Roma, alla Germania e alla Toscana di Pico, Camilleri si mette sulle tracce di questo personaggio, che in passato ha affascinato diversi storici e di cui si occupò anche Leonardo Sciascia. E proprio da uno scritto di Sciascia parte Camilleri per questa biografia in cui lo scrittore siciliano si concede ampie e dichiarate licenze narrative. Restano i vuoti, le ombre, i punti oscuri: di questa figura si continua a sapere pochissimo e le certezze relative alla sua vita sono in qualche scarno documento, nelle postille con cui ha chiosato alcuni volumi, nell’eco di voci e leggende nere. Perché Samuel/Guglielmo/Flavio non fu solo un fine erudito, ma anche un probabile assassino e l’ispiratore di feroci persecuzioni nei confronti della sua gente. Nelle sue prime prediche infatti il neo convertito avrebbe fomentato l’antisemitismo, lasciando dietro di sé una scia di morti violenti. Senza contare i due uomini da lui uccisi in uno scatto d’impeto, secondo l’ipotesi (narrativa) di Camilleri. Solo un’ipotesi, certo, ma è indubbio che come affermò Sciascia questo personaggio — qualunque sia stato il suo nome — rappresentò la «faccia feri- na» dell’Umanesimo. Estremamente colto, duttile nell’apprendere le lingue, capace di raffinati ragiona- menti, Samuel sfruttò le sue abilità intellettuali per scopi meschini, per arricchirsi, per rifulgere della luce del potente di turno al cui servizio operava. A partire dalla conversione e via via seguendo le tracce del suo operato, si trova un uomo spinto solo da motivazioni meschine, salvo — forse — nella relazione che ebbe con un giovane servitore di cui sembra fosse sinceramente innamorato.
Barbara Caffi
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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