L'ANALISI
16 Luglio 2019 - 07:00
S . APOLLONIA, luglio. — Seguire il vagabondare dei cremonesi durante l'estate, non è cosa facile. Probabilmente Cremona detiene un primato, in Italia, in fatto di «esodo estivo». È una protesta collettiva contro la canicola che fa il paio col nebbione e che un bel momento fa tirare giù dalle soffitte le valigie. Stanchi del solleone e delle birre, i cremonesi vanno in cerca di un refrigerio marino o montano. La maggior parte però si dirige verso le ampie valli alpine; si tratta di una «invasione» che dà un tono speciale all'ambiente di questi paesi dove alle tradizionali cornamuse è ormai entrato di moda il ritmo indiavolato de i fox-ultimo grido.
La Valle Camonica è una immensa «ferrovia» climatica; da Iseo, a Edolo, a Vezza, a Ponte di Legno, ogni giorno si smistano carovane di cremonesi assetati di fresco. Ponte di Legno è un po' la tradizionale «capitale estiva» dei cremonesi: le signorine sfoggiano pantaloni ed i giovanotti le camicette scozzesi. Il tipico dialetto si fa strada ovunque e le altissime montagne dal Tonale al Cavia, ne risuonano. Ma quale è il segreto miraggio di tutte le comitive vaganti? L'acqua di Santa Apollonia. Questo nome ricorda certo a tanti, passeggiate indimenticabili, amori segreti, ore felici.
Per arrivare a questo estremo lembo della Val Camonica bisogna salire oltre i 1500 metri, fino all'albergo «Pietra Rossa» adagiato sul verde di una conca dove serpeggia quello che sarà il fiume Oglio, qui ridotto ad un fossato che si salta senza difficoltà: un'acqua fresca, spumeggiante, ricca di piccole trote. S. Apollonia è tutta qui, quasi incuneata tra gli enormi e paurosi bolidi delle ultime catene alpine, già sacre alla prima guerra mondiale. Pastori, radissime casupole seminterrate spaziose gradinate di pinete e verdissimi pascoli.
Qui nasce e si perpetua il miraggio dei cremonesi. Poiché qui, proprio sulla sponda dell’Oglio, una piccola costruzione che assomiglia stranamente ad una pagoda, capace di contenere sì e no dieci persone, conserva la fonte dell'acqua ferruginosa chiamata «S. Apollonia». Un' acqua sconosciuta, che nessuna industria ha mai pensato di sfruttare, ma che i cremonesi hanno scoperto ed ancora continuano a «venerare», salendo ogni giorno da Ponte di Legno. che magici poteri può mai avere quest'acqua dallo strano sapore di ferro ed uova sode?
La risposta la danno i quattro muri della piccola «pagoda». Migliaia di nomi attestano ai posteri i «poteri» dell'acqua. Enormi colonne di nomi, la metà dei quali sono di cremonesi. Il nome scritto più in alto è quello di Rizzi Francesco e quello più recente di Finghetti Antonietta; quello scritto più volte è di Gianna Rossi, abitante in via Mantova 30. A questi cremonesi bisogna chiedere del «miraggio» di S. Apollonia: al sarto Gino Nolli, a Dante Aldo, Maggi Elvira, Paglierini Giuseppina, Vinicio Gatti, Franco Boccoli, Giuliano Soffienti ni, Bruno Dall'Olmo, Bolsi Tina, Chiodelli Giuseppe, Maculotti Rosanna. Guarneri Nirvanna, ai vari Bonioli e Bandera, Piero Rainoldi, Sergio Manzini, Ezio D'Adda.
Non mancano poi le scritte... confidenziali. C'è, ad es., disegnata una grande testa di bue con le corna ed i nomi: Mino-Ernestina, Franco-Elda. Due graziosi profili immortalano le signorine Gloria Maestrelli e Rosa Beccari, mentre entro un cuore trafitto che sanguina ci sono i nomi di Gino Maffezzoni ed Alda di Pescarolo. Evidentemente quelli della provincia sono venuti quassù alla ricerca di motivi sentimentali. Il primato di cremonesi di campagna giunti a Santa Apollonia è detenuto da Bonemerse, con alcune decine di «pellegrini» da Passeri Mario a Ferraroni Eraldo; segue Costa S. Abramo coi vari Sartori, Riboni, Ruggeri, Mazzoli, Biazzi, Bodini, Giussani; è poi la volta di Gadesco coi tre Franzini, i Ghisolfi, i Galvani e Mancini; seguono nell'ordine San Daniele, Persichello, Pieve S. Giacomo, Pieve D'Olmi, Sospiro, Scandolara R. O., Spinadcsco, Castelleone, Motta Baluffi, Malagnino, Paderno, Persico, Sesto C, Pianengo e Stilo de' Mariani.
I cremaschi evidentemente hanno come al solito evitato di «accoppiarsi» con cremonesi. Ed in mezzo alla grande baraonda di nomi, dove spiccano i soliti evviva a Bartali e Coppi, una mano ferma ha scritto: «Il nome degli stolti sta scritto dappertutto»: peccato però che l'autore abbia anche lui ceduto alla tentazione di firmarsi: Maffioli Fermo di Cremona. Ci sono ancora dubbi sul «miraggio» di S. Apollonia? Qui i cremonesi sono proprio come a casa loro. Arrivano in comitive, sgranando gli occhi sul pauroso panorama: portano il profumo del loro salame casalingo e la nota inconfondibile della loro allegria. All'estremo lembo di queste Alpi maestose, Cremona vive perenne: la sagoma del Torrazzo, disegnato nella «pagoda» è come il simbolo di una potenza che vince la calura del piano sfidando i 2000 metri.
Questa, storia di oggi, sarà certo una leggenda domani; la serena e poetica «leggenda di Santa Apollonia»
Fiorino Soldi
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