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27 gennaio 1952

Cento(sessantotto) anni fa moriva l'inventore della bicicletta

Barone Von Drais un nome che nessuno ricorda

Annalisa Araldi

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aaraldi@publia.it

27 Gennaio 2019 - 07:00

l'inventore della bicicletta

Pochi ricordano l’uomo al quale si deve l'invenzione di quella bicicletta che è diventata il più comodo, il più facile, il più economico ed il più popolare dei mezzi di locomozione: La bicicletta — il più semplice dei veicoli, senza pretese, senza complicazioni — ha conquistato il mondo e nemmeno l'avvento ed il progresso del motore sono valsi a cacciarla dalle strade.

Il barone Carl Friedrich Ludwig Christian Von Drais nacque a Karlsruke, in Germania, il 24 aprile 1785 e vi morì il 12 dicembre 1851. Studiò scienza forestale, fisica e tecnica delle costruzioni all'Università di Heidelberg, uscendone regolarmente addottorato. La meccanica fu sempre la sua più grande passione. Inventò e costruì tra l'altro un'escavatrice, una macchina da scrivere ed un riflettore. Poi volle dedicare ogni suo studio ed ogni sua attività alla creazione di un veicolo che potesse muoversi unicamente per l'energia impressagli dallo stesso guidatore. Tentò dapprima con una specie di carrozza a quattro ruote, che venne anche presentata da lui stesso nel 1815 allo storico congresso di Vienna, ma l'idea fu ben presto scartata per l'eccessiva pesantezza della macchina.

Von Drais pensò allora di usare due ruote sole. Non era un'idea del tutto nuova. Come al solito, aveva precedenti nell'antichissima Cina, dove esisteva ed esiste tuttora persino un veicolo ad una sola ruota, inoltre ancora prima della rivoluzione francese un certo monsieur de Sivrac aveva offerto all'ammirazione dell'aristocrazia di corte, nel giardino delle Tuilleries, il suo «celerifero», mentre nel 1784 il meccanico Ignaz Trexier di Graz aveva progettato e costruite una macchina simile.

Nessuno prima di Von Drais però aveva potuto realizzare un veicolo che poteva essere guidato e raggiungere anche la velocità di 16 km orari.

Si trattava, sostanzialmente di un biciclo: l'uomo si sedeva a cavalcioni su una sella rudimentale e spingeva il veicolo, fino a raggiungere la massima velocità possibile, appoggiando alternativamente a terra ora l'uno ora l'altro piede e facendovi leva. Von Drais battezzò la propria invenzione «velocipede», ma i suo contemporanei preferirono chiamarla «draissienne» dal suo nome. Von Drais riuscì a recarsi da Echwetzingen a Mannheim cavalcando la propria macchina: molti increduli dovettero ricredersi. Ben presto l'inventore potè vendere la licenza per la fabbricazione della «draissienne» in Francia, in Inghilterra e persino in America. Nel 1819 le poste inglesi e francesi ne dotarono i propri portalettere. Anche le fabbriche di calzature si compiacquero della sempre crescente diffusione del velocipede, poiché chi lo usava consumava più del normale le scarpe, e ne vennero fabbricate di speciali con la suola metallica. In Inghilterra la «draissienne» si impose con la voga di una nuova e sorsero dovunque scuole nelle quali si insegnava l'uso delle «holly-horses». Il costruttore britannico Knight vi apportò qualche miglioramento. Il veicolo però costava ancora troppo per poter diventare popolare, mancando la possibilità di fabbricarlo in serie: 500 franchi.

Fu l'apprendista fabbro Ernest Michaux di Bar-le-Duc che per primo operò la trasformazione della «draissienne» in qualcosa di più somigliante ad una bicicletta moderna. Ciò accadde nel 1855: a Michaux fu affidato un velocipede per una riparazione alla ruota anteriore ed egli ebbe l'idea di applicare a questa un pedale, sicché il veicolo potesse muoversi traendone impulso ed il guidatore potesse stare seduto in sella come su un cavallo. La nuova macchina fu presentata nel 1867 all'esposizione mondiale e ben presto si diffuse ovunque.

Nel 1868 al Bois de Boulogne di Parigi ebbe luogo la prima corsa velocipedistica del mondo e tutti i concorrenti naturalmente sfoggiarono gli ultimi modelli della «michauline». Il via fu dato dal segretario dello scrittore Emilio Zola, Richard Lesclide — dimostrazione del successo incontrato dal nuovo mezzo di locomozione in tutte le classi sociali — e la gara fu vinta dall'inglese James Moore, che percorse 126 km. in 10 ore e 40'. Il governo francese programmò di impiegare la «michaulines» nel proprio esercito per il servizio di porta-ordini ma la guerra scatenata dai tedeschi nel 1870 fece tramontare per sempre il progetto.

L'industria inglese fu ben presto in grado di superare quella francese nella costruzione dei nuovi veicoli, soppiantandola e raccogliendone l'eredità. I costruttori britannici impiegarono tubi di acciaio leggero, ottenendo così macchine meno pesanti e più resistenti di quelle di ferro massiccio con ruote in legno fabbricate sino allora. Gradatamente e costantemente apportarono al biciclo nuovi miglioramenti, prima adottando nel 1877 — in un modello che fu battezzato «canguro» — la trasmissione a catena, poi sostituendo le ruote alte con quelle basse, applicando la moltiplica e — dopo l'invenzione di Dunlop — i pneumatici.

Anche in seguito i miglioramenti furono continui e notevoli: cuscinetti a sfere, freni, metalli leggeri fabbricazione in serie e mille altre innovazioni fecero la bicicletta quale è oggi. Certo il barone Von Drais non immaginava che la sua creatura avrebbe compiuto tanta strada ed avrebbe continuato a vivere, a prosperare anche nell'epoca delle motociclette, delle automobili ultraveloci e degli aeroplani a reazione. Né avrebbe potuto prevedere che, diventata un mezzo di competizioni sportive, intorno a lei e nel nome di Bartali, di Coppi, di Kubler o Koblet sarebbero avvampali gli incendi delle passioni popolari.

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