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6 giugno 1968

BOB KENNEDY È IN AGONIA

Il giovane senatore stava festeggiando la vittoria nelle primarie della California e del Sud Dakota

Annalisa Araldi

Email:

aaraldi@publia.it

06 Giugno 2018 - 07:00

Bob Kennedy è in agonia

Il fratello del defunto presidente è stato colpito alla testa e ad una spalla dai colpi di rivoltella esplosi da un giovane di nazionalità giordana, in una sala d’albergo a Los Angeles e l’America ha rivissuto le drammatiche ore di Dallas - Le sue condizioni sono "molto critiche" - Altre tre persone ferite nella sparatoria . Un piccolo frammento della pallottola si trova ancora nel cervello di Bob al quale è stata impartita l'Estrema Unzione - l medici hanno qualche tenue speranza di salvarlo

Ma è vero? Questa la domanda che al nostro telefono è stata posta ieri mattina per decine e decine di volte. Spiega da sola molte cose, ma sopra tutte una sorta di inconscia incredulità per amore.

I Kennedy. Tanto amore e tanto odio. Un nome messo in mezzo ad un momento dell'umanità in cui il gioco della violenza sembra aver ragione di tutto: ideali, ideologie politiche, valori umani. Certo, per i Kennedy l'odio si ritrova (forse) solo in qualche oscuro ambiente del West americano, ma purtroppo il principio della violenza in genere non è così strettamente regionalizzato nella più grande democrazia del mondo.

E tutto il resto poco conta, non ferma le pallottole il fatto che in tutti i Paesi quel nome sembra riassumere nel cuore della gente il coraggioso tentativo (spezzato, ripreso e nuovamente minacciato di fine) di dare una coerente, civile, umana e libera soluzione ai drammatici e confusi problemi del nostro tempo. Forse mai, come oggi, l'umanità ha guardato con tanto angoscioso impegno al suo domani. Ma la strada delle pistole, come quella dei bastoni, delle sassaiole e delle auto bruciate non porta al domani .

« E' inutile illuderci — è stato scritto ieri a Londra — che questo sia esclusivamente un fenomeno americano. Noi vediamo che la violenza è in marcia anche in Europa; finanche al di là della cortina di ferro » .

E per intanto ci resta il grido della moglie di Bob: « Mio Dio, non può essere! Un'altra volta, no ».

Speriamo che sia riecheggiato alto e forte nel cuore di tutti.

 

n o s t r o  s e r v i z i o

LOS ANGELES, 5. — La notte tra martedì e mercoledì l'America ha rivissuto le drammatiche ore di Dallas, quando, il 22 novembre 1963, venne ucciso il Presidente degli Stati Uniti John Kennedy: il fratello, il senatore Robert Kennedy, e stato ferito in modo gravissimo alla testa da un giovane che ha sparato tutti gli otto proiettili del caricatore della sua rivoltella, mentre celebrava, nel salone di un hotel di Los Angeles, la vittoria riportala nelle elezioni primarie della California.

Mentre l'attentatore veniva catturato dalla polizia il quarantaduenne senatore veniva immediatamente ricoverato all'ospedale cattolico del Buon Samaritano, dove, due ore e cinquanta minuti dopo l'allentato, cioè alle 12,12 (italiane) veniva trasportato nella sala operatoria.

L'operazione al cervello si e protratta fino alle 15,31. Joseph Quinn, vice sindaco della città, ha dichiarato che apparentemente il senatore non ha sofferto danni al cervello ed i chirurghi hanno definito incoraggianti le sue condizioni. Queste sono comunque gravissime, e non è possibile affermare ora se egli potrà sopravvivere.

IL FULMINEO DRAMMA

Il giovane senatore democratico era uscito dalla sala da ballo dell'hotel Ambassador, dove aveva tenuto un discorso per celebrare la sua vittoria sul senatore McCarthy, il suo rivale per la « nomination » democratica, nel corso delle elezioni primarie della California. Egli stava attraversando un altro locale dell'albergo, una specie di cucina o di snack bar, per recarsi a salutare altre persone. E’ stato a questo punto che un giovane con la pelle olivastra, è balzato fuori dalla folla dei sostenitori, tentando di uccidere Kennedy: egli ha scaricato gli otto colpi della sua rivoltella colpendo, oltre al senatore, altre tre persone che erano vicino a questi, una delle quali, ferita ali addome, si trova all'ospedale in gravi condizioni. Kennedy, colpito da due proiettili, uno nella parte destra della testa ed uno alla spalla, è caduto immediatamente a terra, silenziosamente, cominciando a perdere moltissimo sangue. Era circa mezzanotte e mezzo:, mentre la maggior parte dei presenti non si era ancora resa conto di quanto era accaduto, due giovani atleti che si trovavano vicino alla vittima si sono scagliati contro l'assassino. Si tratta di Rosie Greer, un giocatole professionista di rugby americano, e di Rafer Johnson, un negro ex-campione olimpico di decathlon, che lo hanno disarmalo prontamente, mentre un folto gruppo di agenti di polizia si è avvicinalo e l'ha portato via di peso, Ietteralmente sollevandolo da terra, per sottrarlo alla furia della folla.

ACCORRE LA MOGLIE

Intanto molti avevano circondato il giovane Kennedy, sempre steso a terra senza dare segno di vita. Alcuni hanno  cercato degli asciugamani per tamponargli le ferite, altri hanno immediatamente telefonato per far accorrere una  autoambulanza, mentre la polizia provvedeva a far circondare l'albergo.

Ethel, la moglie di Kennedy, che è in attesa dell'undicesimo figlio, si è fatta largo tra la folla per raggiungere il marito, che è stato trasportato poi all'uscita dell'albergo, dove è stato caricato sull'autoambulanza. Il senatore sembrava privo di conoscenza, il suo viso era pallidissimo ed il corpo completamente rigido, ma alcuni testimoni oculari hanno detto che, mentre veniva trasportato, aveva pronuncialo a bassissima voce alcune parole confuse.

All'ospedale sono stati trasportati anche gli altri tre feriti: si tratta di Bill Weizel, produttore della compagnia radio televisiva americana « ABC », Paul Schrade, dirigente sindacale della « United Workers Union », e di Ira Goldstein, una giovane giornalista radiofonica. Weizel, ferito all'addome, si trova ora in condizioni incerte, e preoccupante appare anche lo stato di saIute di Schrade, ferito alla testa. La diciannovenne Goldstein, invece, ferita ad una gamba e alla schiena, sembra essere in discrete condizioni.

Secondo le dichiarazioni del capo della polizia, l'attentato è stato commesso venti minuti dopo la mezzanotte, cioè alle 9,20 italiane. I proiettili sono stati esplosi da una pistola calibro 22, presumibilmente da distanza ravvicinata, data la non grande potenza dell'arma.

UNA TESTIMONIANZA

A questo proposito sono state raccolte numerose testimonianze tra il pubblico ed il personale di servizio dell'hotel Ambassador. Karl Uecker, un tedesco originario di Dusseldorf, assistente del maitre d'hotel, ha affermato di essere stato proprio lui ad evitare che Kennedy venisse colpito da tutti i proiettili.

«Kennedy stava stringendo la mano a quanti gli esprimevano le proprie congratulazioni per la vittoria nelle elezioni, quando noi giungemmo nel locale. Io presi la sua mano e lo condussi nella cucina, facendomi largo tra la folla: fu allora che qualcuno saltò su dal pavimento. lo vidi volare un pezzo di carta, probabilmente un sacchetto nel quale l'attentatore aveva tenuto nascosta la sua pistola.

Al seconda colpo Kennedy lasciò andare la mia mano e cadde a terra. Allora presi alla gola, serrandolo con il braccio, lo sparatore, ma questi continuò ugualmente a sparare».

L'ESTREMA UNZIONE

Intanto, subito dopo essere staro ricoveralo all'ospedale del «Buon Samaritano», Robert Kennedy aveva ricevuto da un sacerdote cattolico il sacramento dell'estrema unzione. Mentre la polizia cercava di tenere a bada l'enorme folla che si era radunata intorno all'ospedale, un gruppo di sei chirurghi si prendeva cura del senatore: il suo cuore pulsava ed egli poteva respirare, ma le sue condizioni apparivano gravissime. Alla fine dell'operazione, durata quasi tre ore, Frank Mankiewicz, uno dei collaboratori di Kennedy, ha dichiarato che le condizioni del senatore sono «estremamente critiche ». La pallottola è stata tolta dal cervello, il quale non sembra essere stato danneggiato, ma un piccolo frammento del proiettile si trova ancora nel cervello, poiché non e stato possibile eliminarlo: la ferita ha provocato una considerevolissima perdita di sangue, e l'organismo è ora debolissimo.

I medici, dal canto loro, hanno comunicato che le prossime dodici ore, ma più probabilmente le prossime trentasei, costituiranno un periodo molto critico, e prima di questo non sarà possibile dire una parola definitiva sulle possibilità di sopravvivenza del paziente. Questi, comunque, non ha ancora ripreso coscienza.

II secondo bollettino medico diramato questa sera dichiara che dagli esami non è emerso « alcun miglioramento riscontrabile » nelle condizioni di Robert Kennedy.

Secondo alcuni l'assassino, subito dopo aver sparato, avrebbe esclamato: « L'ho fatto per la salvezza della nostra patria », mentre altri, in disaccordo con le dichiarazioni della polizia, sostengono che un'altra persona, subito dopo l'esplosione dei colpi, sarebbe corsa verso l'uscita dell'albergo gridando: « Gli abbiamo sparato, lo abbiamo ucciso ».

RALPH HARRIS

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